L'acciaio che non inquina diventa arte: ecco i centrini riciclabili di corten

L'acciaio che non inquina diventa arte: ecco i centrini riciclabili di corten
di Lucia J.IAIA
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Martedì 4 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:57

Dalla grande industria ai centrini il passo è possibile. E se a compierlo sono due donne, allora sembra davvero che una rivoluzione gentile sia in atto. È quella che le sorelle Silvia e Annamaria Decataldo intendono condurre, spinte dalla voglia di riscatto di chi opera in un territorio dove questo settore continua a subire contraccolpi sempre più forti. L'acciaio si trasforma in complementi di arredo: così nascono i centrini riciclabili di corten.

L'attività

La loro azienda, fondata a Sava circa 40 anni fa dal padre Ciro, è una delle tante operanti nell’indotto Acciaierie Italia. Producono cabine per carroponte e svolgono interventi metalmeccanici. Da tempo, come è noto, il rapporto tra Taranto e l’acciaio è sempre più incrinato, ma chi è abituato a darsi da fare riesce ad individuare altre soluzioni, proprio come loro. L’intenzione è quella di mostrare l’altra faccia dell’acciaio, guardando al futuro e, allo stesso tempo, puntando sulla tradizione: il centrino, appunto. 
«Anticamente in Puglia, le nostre nonne tessevano a mano questo speciale manufatto che quasi sempre veniva collocato al centro di un tavolo, di un divano o di un mobile. In collaborazione con il designer architetto Massimiliano Saracino, abbiamo re-interpretato questa nobile arte, trasformandola in una esclusiva collezione di complementi d’arredo molto originali che oggi si declina in una serie limitata di lampade, orologi e complementi d’arredo per la casa».

Il prototipo


Il prototipo è, infatti, un centrino realizzato oltre 100 anni fa dalla nonna dell’artigiano Metusela che ha messo a disposizione delle sorelle Decataldo l’arte della lavorazione corten. «La nostra storia imprenditoriale si evolve grazie alla passione per la nostra terra, le tradizioni tessili, l’arte e il design. Ci siamo specializzati nella produzione di opere in acciaio corten. È un materiale che vive e si auto protegge. Se la superficie viene scalfita, si ossida nuovamente e dà vita ad una patina che la rigenera. È un processo infinito, destinato a lasciare una traccia nel tempo. In più, è ecologico», rimarcano Silvia e Annamaria Decataldo, ben consapevoli delle criticità ambientali connesse al settore dell’acciaio. 
«Il corten può essere riciclato - precisano – non è inquinante.

Non si usano vernici ma cere per la finitura. D’altra parte, rimovimentare l’azienda e diversificare, pur mantenendo le nostre competenze, oltre a richiamare la tradizione è la nostra sfida».


Sono numerose le piccole e medie aziende dell’indotto che vantano in effetti, un know how decennale. Come sfruttare al meglio quelle conoscenze in tempi di crisi? Silvia e Annamaria Decataldo lanciano un appello. «Occorre fare squadra. Non si deve disperdere la capacità della città di produrre acciaio, occorre invece guardare al settore sotto un altro punto di vista che sia rispettoso dell’ambiente e del territorio. Se vogliamo andare lontano, dobbiamo farlo tutti insieme». In azienda, Silvia e Annamaria Decataldo mostrano con orgoglio i prodotti realizzati. Si percepisce come non sia stato semplice provare ad intraprendere un percorso alternativo, accanto a quello canonico. Il loro entusiasmo e la convinzione però, di voler puntare su questo progetto di transizione industriale, coniugando la suggestione del passato alla forza dell’acciaio, lasciano ben sperare. Certamente, sono coraggiose imprenditrici che non intendono perdersi d’animo, mentre la crisi industriale tarantina tiene banco e si susseguono discussioni, confronti e scontri. Loro, forse un po’ come facevano le nonne tra un centrino e l’altro, un piano alternativo lo hanno progettato e pianificato, completamente made in Italy, anzi in Taranto. «Il corten, per sua stessa denominazione, è un materiale dotato di elevata resistenza alla corrosione ed alla trazione. Ci piace pensare di avere qualcosa in comune con questo tipo di acciaio», dicono sorridendo.

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