Caso Stano, il Tribunale dei minori riabilita gli "orfanelli": messa alla prova superata

Caso Stano, il Tribunale dei minori riabilita gli "orfanelli": messa alla prova superata
di Nazareno DINOI
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Mercoledì 12 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:44

Il Tribunale per i minorenni di Taranto ha cancellato ieri tutti i reati a carico degli «orfanelli», la baby gang manduriana nota alle cronache per aver vessato sino alla tortura il pensionato Antonio Cosimo Stano, deceduto ad aprile del 2018 per le complicazioni di una ulcera gastrica non curata e, come ha sostenuto l’accusa, trascurata dallo stato di abbandono e di isolamento in cui il 65enne si era rifugiato per sfuggire al branco.

La decisione

La corte del tribunale dei minori, presieduta dal giudice Ciro Fiore, ha preso atto della buona riuscita della messa alla prova degli imputati, ora tutti maggiorenni, estinguendo i reati che gravavano su di loro. Degli undici «orfanelli» minorenni alla sbarra, solo uno resta ancora affidato ai servizi sociali e lo sarà sino a gennaio prossimo. È quello che aveva avuto il periodo più lungo di pena, il ragazzo «con il giubbino rosso» il cui gesto immortalato dal video ha contribuito più di tutti ad aumentare lo sdegno e la condanna dell’opinione pubblica nazionale: quello del violento schiaffo in pieno volto al povero pensionato che tendeva la mano al suo aggressore in segno di pace. Gli altri dieci imputati sono diventati puliti per la legge avendo scontato il periodo di buona condotta, tra i due e i tre anni. Tutti quanti hanno superato il periodo correttivo e alcuni di loro hanno trovato lavoro o continuato gli studi o si sono maturati. 
A gennaio prossimo anche l’undicesimo, che lavora e vive in casa da diversi mesi, si sottoporrà al giudizio della magistratura minorile che sentiti gli educatori dei servizi sociali e valutata la buona riuscita della «lezione» inflitta, decreterà anche per lui l’estinzione dei reati. Gli unici a pagare con la galera sono due dei tre maggiorenni dello stesso gruppo degli «orfanelli» (così i ragazzi terribili si facevano chiamare nel gruppo whatsapp dove facevano circolare i video dell’orrore con le bravate notturne anche in casa della loro vittima).

Condannati in primo grado a 10 e 8 anni con il rito abbreviato, l’appello li aveva abbassati a poco più di 8 e 7 anni che la Cassazione ha confermato facendo così aprire le porte del carcere per i primi due e la restrizione ai domiciliari per quello con la pena inferiore. 


Nelle motivazioni della sentenza di condanna, la giudice Wilma Gilli usava queste parole per descrivere l’orrore che per anni aveva costretto Stano, fragile psicologicamente e socialmente emarginato, ad essere per bersaglio di violenze psicologiche e fisiche non solo dai 14 finiti sotto processo, ma da tanti altri che non sono stati mai indagati. Scriveva la giudice: «espressione di un’indole malvagia e insensibile ad ogni richiamo umanitario». Il pensionato solo, «il pazzo» come lo chiamavano in molti nel quartiere, era diventato il macabro passatempo di ragazzi che si divertivano a filmare le loro bravate per poi scambiarsi le immagini sui social. «Aggressioni immotivate – li descriveva la giudice che ha condannato i tre maggiorenni -, contegni sguaiati, vessatori e prevaricatori che andavano oltre l’inflizione della sofferenza fisica avendo, invece, come scopo ulteriore quello di terrorizzare la vittima, di porla in una condizione di soggezione, di stranirla per alimentare il proprio divertimento». 
Si chiude così il triste capitolo di un’esistenza vissuta ai margini della società di un uomo tranquillo, forse troppo, ex dipendente dell’Arsenale di Taranto e pensionato solo. Nel 2005 gli erano stati diagnosticati dei problemi psichici come ansia e depressione, probabilmente dovuti allo stato di solitudine. Così «il pazzo» è diventato preda facile del branco. 

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