Taranto, i pescherecci restano in porto: «Caro-gasolio, situazione insostenibile»

La protesta in via Cariati nella Città vecchia
La protesta in via Cariati nella Città vecchia
di Massimiliano MARTUCCI
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Mercoledì 9 Marzo 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:25

I pescatori di Taranto, aderenti alle sigle Legacoop Agroalimentare e Agci Pesca, hanno incrociato le braccia contro il caro gasolio

La protesta

Ampia adesione alla manifestazione che si è svolta in molte città costiere italiane, per dare forza allo sciopero che va avanti da lunedì notte e proseguirà fino alla fine della settimana. Gli aumenti del gasolio portano i costi di uscita da mille a quasi duemilacinquecento euro, per le barche più grandi. «Non riusciamo più a sostenere i costi. Un’uscita in mare è diventata insostenibile: vanno coperte le spese, in primis il prezzo del carburante arrivato alle stelle. Se il valore del pescato non supera i costi ovviamente andiamo sotto. Chiaro che questa, insieme a tutte le altre problematiche del comparto, diventa una montagna difficile da scalare. Ragion per cui sono moltissimi alla fine a cedere e ad abbandonare questa attività per cercare altro e condurre una vita dignitosa», spiegano Mimmo Bisignano per Legacoop Agroalimentare e Emilio Palumbo per Agci Pesca. Immediato il messaggio che i pescatori lanciano dalla banchina di via Cariati dove le barche sono ferme, e vi resteranno per il resto della settimana, come immediati ed incisivi sono i cartelli che gli operatori mostrano per rappresentare le criticità di questo particolare momento. “Marineria di Taranto in sciopero. Governo aiutaci” “Colpiti e affondati” “Pescatori alla fame” “Pescatori senza futuro” “Salviamo la pesca” “Caro gasolio: no pesca”: così la marineria tarantina aderisce alle iniziative nazionali di protesta organizzate a livello nazionale dalle associazioni di categoria della pesca.

Le accuse

Bisignano e Palumbo rincarano: «È il risultato del fallimento di una politica comune che continua a calare dall’alto una iper-regolamentazione astratta e spesso inapplicabile e che non tiene conto delle profonde differenze tra ecosistema del mare del nord e del mediterraneo, e delle profonde differenze socio-economiche delle flotte operanti in questi aree; quadro che oggi si aggrava con il raddoppio del costo del gasolio.

Malgrado gli sforzi, le richieste, gli incontri, le ripetute segnalazioni in sedi ed occasioni istituzionali rivolte dalle associazioni di categoria la situazione è diventata insostenibile. Considerato che si è di fronte ad una vera e propria emergenza che rischia di avere contraccolpi socioeconomici ed occupazionali devastanti, le associazioni chiederanno nella riunione programmata presso il Ministero competente un sostegno adeguato a fronteggiare nell’immediato tale situazione ed un cronoprogramma di azioni volte a diminuire la pressione sull’attività di pesca a livello nazionale».

I fronti

Quello del caro carburante non è l’unico fronte che vede impegnati gli operatori del settore. Una importante vertenza è stata aperta a livello territoriale per quanto riguarda la mitilicoltura. La perdita di oltre il 70% del prodotto del 2021, a causa dell’azione combinata della mancanza delle bonifiche del Mar Piccolo, dell’aumento delle temperature del mare e dei fenomeni di anossia, ha quasi messo in ginocchio un settore che sembrava finalmente ricevere la giusta attenzione grazie al percorso del riconoscimento del marchio Slow Food, se non fosse l’aumento vertiginoso delle tariffe delle concessioni degli specchi d’acqua. 
Oggi ci sarà, convocato dal commissario prefettizio a Palazzo di Città, su richiesta delle associazioni e dei sindacati, un vertice per individuare una soluzione che possa permettere al settore di non soccombere sotto i colpi della crisi e di mancati investimenti.

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