Carabiniere accusato di diserzione e condannato per truffa: dovrà risarcire l'Arma

La Corte dei Conti ha stabilito che dovrà risarcire il corpo e la Difesa

Carabiniere accusato di diserzione e condannato per truffa: dovrà risarcire l'Arma
di Paola ANCORA
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Mercoledì 22 Febbraio 2023, 17:40 - Ultimo aggiornamento: 17:55

Disertore in tempo di pace. Un appuntato scelto dei carabinieri dovrà risarcire l'Arma e il ministero della Difesa per essersi assentato dal lavoro senza valido motivo da febbraio a maggio del 2017, periodo durante il quale alla caserma dei carabinieri di Taranto – dove A.D. prestava servizio – lo hanno visto poco e niente. Per questo la Procura militare del tribunale militare di Napoli lo ha accusato di diserzione aggravata, simulazione aggravata di infermità e truffa militare pluriaggravata e continuata.

I fatti e la sentenza

Il militare, all'epoca dei fatti 46enne, avrebbe indotto in errore i propri superiori – come hanno confermato i giudici in primo grado e in Appello - «con artifici e raggiri relativi al suo effettivo stato di salute e rappresentando un impedimento di carattere sanitario in realtà insussistente, in tal guisa continuando a percepire indebitamente i relativi stipendi, anche nel periodo di assenza dal servizio».

Il tribunale militare ha assolto l'appuntato soltanto dal reato di diserzione, condannandolo a otto mesi di reclusione per la simulazione di infermità e la truffa pluriaggravata ai danni della Difesa, che lo ha sospeso per sei mesi.

Ora i giudici della Corte dei Conti di Puglia, regione dove il militare prestava servizio, hanno quantificato il risarcimento che l'appuntato dovrà pagare all'Arma e al ministero, ovvero 6.074 euro più rivalutazione e interessi, come richiesto dal sostituto procuratore Marcella Papa.

Il militare dovrà restituire gli stipendi indebitamente percepiti, nonostante le assenze ingiustificate per 71 giorni lavorativi complessivi: otto a febbraio del 2017, 23 a marzo, 30 ad aprile, 10 a maggio. Con l'aggravante, hanno scritto nella sentenza pubblicata pochi giorni fa, che – ai doveri d'ufficio “classici” cui sono chiamati tutti i rappresentanti di una pubblica autorità o amministrazione – si affiancano «obblighi di fedeltà e diligenza, particolarmente rigorosi e stringenti per i militari». Come fosse un romanzo d'altri tempi, la storia iniziata con l'accusa di diserzione (dalla quale – lo ribadiamo - il militare è stato assolto) si è conclusa con una condanna in contumacia, ovvero in assenza dell'imputato. Dinanzi ai giudici contabili (presidente Francesco Paolo Romanelli, Marcello Iacubino consigliere e Rosanna De Corato relatore) si è infatti presentato soltanto il suo difensore, ma privo – lo scrive la Corte dei Conti – di una valida procura. Quando si dice, la coerenza.

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