Il piano di ArcelorMittal: 3300 esuberi e stop all'altoforno 5

Il piano di ArcelorMittal: 3300 esuberi e stop all'altoforno 5
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 6 Giugno 2020, 08:49
Oltre 3mila esuberi già da quest'anno su una platea generale di Arcelor Mittal Italia che conta 10.700 addetti. Lo stop al revamping di Afo5, il più grande altoforno d'Europa fermo da anni e che da solo avrebbe garantito gran parte della produzione. E, a proposito di quest'ultima, si scenderebbe a 6 milioni di tonnellate di acciaio fino al 2023. Poi, chissà.
Sono le indiscrezioni sull'aggiornamento del piano industriale inviato da ArcelorMittal al governo che contiene anche l'investimento da circa 300 milioni di euro per la realizzazione del forno elettrico. La mail è partita dal quartier generale londinese alle ore 18 di ieri. Destinatari principali, i ministeri più vicini al dossier in primis lo Sviluppo economico ma anche Lavoro ed Economia. Nessun incontro tra governo e Mittal: né reale vis a vis, né virtuale tramite call. Tutto demandato all'invio telematico.

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Di persona, invece, si sono visti i rappresentanti dell'Esecutivo. In un vertice urgente convocato last minute dal premier Conte, c'erano i ministri Patuanelli e Gualtieri e i capidelegazione del governo. Sul nuovo progetto di ArcelorMittal per gli asset italiani sono filtrate cifre ufficiose. Gli occupati si attesterebbero quindi intorno alle 7.500 unità calcolando circa 3.200/3.300 esuberi. Oltre a quelli diretti, ci sono sempre da considerare i 1.600 operai rimasti nell'alveo di Ilva in Amministrazione straordinaria: secondo il piano originario dovevano essere assorbiti dalla multinazionale ma questo scenario sarebbe definitivamente saltato.

Oltre ai numeri, preoccupante è il mancato rifacimento di Afo5, nell'impianto di Taranto, visto da tutti come un segnale importante per la ripartenza. Anche questo era previsto nel progetto precedente ma l'azienda ha fatto presente più volte che il mercato dell'acciaio e la pandemia hanno stravolto la visione di marzo. Di quando, cioè, commissari straordinari di Ilva in As e ArcelorMittal si erano accordati per scongiurare il contenzioso legale al Tribunale di Milano garantendo il mantenimento dei livelli occupazionali.

Sindacati e operai sono in fibrillazione. Non c'erano ufficialità a quell'ora ma, a sentire le parole del ministro Patuanelli ospite in mattinata a Radio1, il finale era già scontato. L'intervento del titolare dello Sviluppo Economico alla trasmissione radiofonica Radio anch'io di ieri mattina era stato condito da parole tombali per il futuro di ArcelorMittal in Italia. «Noi ci aspettiamo un piano in linea con gli accordi marzo, non 14 anni fa, capiamo l'incertezza nel mercato acciaio, non capiamo la profondità con cui si fanno i tagli, cosa per noi inaccettabile. Lo dico senza troppi giri di parole: se ArcelorMittal vuole andarsene, se ne andasse e la finiamo qua. In tal caso si applicherebbero le clausole di uscita previste dal contratto. Do ormai per scontato che arriverà un piano assolutamente non in linea con quanto discusso a marzo e con quanto si aspetta il governo».

Eppure, solo il 26 maggio - cioè un giorno dopo la videocall con l'ad Lucia Morselli e i sindacati che ha riaperto il dossier sul Siderurgico - Patuanelli in un'informativa alla Camera diceva di aspettarsi un piano industriale «serio, ambizioso e lungimirante e che non metta in discussione l'accordo del 4 marzo scorso». In pochi giorni, evidentemente, le speranze sono naufragate rispetto alla risposta di Mittal che, in maniera ampiamente prevedibile, ha scaricato gli effetti della crisi sul nuovo piano industriale. Quello che non cambia nelle intenzioni del governo è il disegno per una nuova Ilva in cui lo Stato sia presente. Un piano per l'acciaio, ha preannunciato il ministro dello Sviluppo Economico, non concentrato su crisi aziendali singole ma in una prospettiva di filiera. Con l'ingresso di Cassa depositi e prestiti in Ilva? «Credo che in questa fase sia quasi inevitabile» ha ammesso.
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