Arcelor Mittal apre al Governo: «Sì all'ingresso dello Stato nell'acciaieria»

Arcelor Mittal apre al Governo: «Sì all'ingresso dello Stato nell'acciaieria»
di Alessio PIGNATELLI
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Giovedì 18 Giugno 2020, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 10:08

Margini di trattativa? «Il clima era buono». Nazionalizzazione? «Questa è una richiesta da fare al governo, la nazionalizzazione non la fa certo un azionista privato: tutti abbiamo letto sui giornali le dichiarazioni dei ministri, non devo commentare queste cose, sono scelte della politica». E l’inquinamento? «Stiamo strettamente rispettando la legge, il piano ambientale porterà dei risultati straordinari e già li sta portando adesso perché produciamo la metà. Con una produzione a 3 milioni, non si può dire che l’azienda inquina». In un’inconsueta intervista rilasciata alla trasmissione “Porta a Porta”, l’ad di ArcelorMittal Lucia Morselli ha affrontato diversi argomenti della vertenza. Ieri sera, poco dopo la call pomeridiana che ha segnato l’avvio della discussione del coinvestimento dello Stato - presenti Onda Otravec, alto dirigente della multinazionale, Francesco Caio, consulente del governo e Domenico Arcuri, ad Invitalia - la manager è tornata a parlare pubblicamente. Spesso abbottonata sulle sollecitazioni dei giornalisti Bruno Vespa e Antonio Polito, la numero uno di Am Italia ha ricordato gli accordi di marzo che «anche per noi sono vincolanti e intendiamo rispettarli. Abbiamo accettato che nel capitale di ArcelorMittal entri un investitore istituzionale quindi sicuramente è compatibile un lavoro insieme, con quali quote è ancora da valutare e da decidere».

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L’ingresso di Invitalia è quindi «assolutamente compatibile con la permanenza di Am Italia, anzi è di sostegno». Morselli si è detta quasi innamorata dell’acciaieria, «un termine molto vicino alla realtà: dobbiamo essere tutti orgogliosi di questo impianto, il più bello, potente e moderno d’Europa». La discussione sulla compagine societaria si interseca però con il nuovo piano industriale che tutti hanno rigettato. Ci si scontra con la realtà di numeri affatto rispettosi dell’intesa del 4 marzo.Qui l’ad ha ammesso che si è lavorato su un equilibrio di forza lavoro e «fino a quando la produzione non arriva a 8 milioni, il personale risulta in eccesso: è un dato di fatto. Negli accordi di marzo, siccome il governo ha preferito non coinvolgere il sindacato, i numeri non sono stati esplicitati ma il concetto sì: l’azienda doveva essere in equilibrio economico che avrebbe implicato una negoziazione col sindacato».

Insomma, gli esuberi paiono inevitabili e c’è la conferma negativa anche sui 1.800 addetti rimasti in Ilva in As che, secondo l’accordo originario di settembre 2018, sarebbero stati riassorbiti: a marzo, c’è stato un impegno «a trovareunasoluzione alternativa al rientro in stabilimento. Non è una prospettiva allegra, tutti gli imprenditori amano le aziende grandi ma il Covid ci ha creato delle difficoltà nella capacità previsionalesulla richiestaacciaio.E ricordiamoci sempre che fino al 2023 più di 6 milioni non possiamo». La manager ha contestato poi lecifresui finanziamentirichiesti allo Stato - «sono 800 milioni in realtà» - e poi c’è stato il capitolo ambiente e salute.

«Abbiamo un piano ambientale che porta a un efficientamento degli impianti sulle emissioni.

Ci sono attività in corso, tutti i progetti e le previsioni sono rispettati e sono in corso. Non c’è nessuna volontà di deviare, vogliamo che l’ambiente sia pulito e che la gente sia serena. Non ho idea del perché il sindaco di Taranto dica che non è stato risolto nulla ma si vedono molto bene le coperture dei parchi». Infine, l’ad ha dribblato la provocazione su eventuali dissidi tra Pd e M5S sulla gestione del dossier - «il gruppo di lavoro con cui abbiamo lavorato è molto coeso e unito» -, ha difeso le proprie scelte sul rimpasto di manager aTaranto dove adesso «sono italiani, cresciuti in acciaieria, la conoscono in maniera straordinaria» e ha chiosato così sulla trattativa in corso: «Abbiamo parlato di regole di valutazione sull’azienda e questo determinerà le prossime posizioni. C’è un piano di investimenti e in parallelo c’è un lavoro su come sarà l’azienda nei prossimi anni. Le due cose sono abbastanza collegate. Ilva si salverà sicuro, Ilva è salva». 

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