“Ambiente svenduto”: «Liberti non favorì i Riva». Nuovo capitolo del processo sull'ex Ilva

Una fase del dibattimento
Una fase del dibattimento
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Martedì 4 Maggio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:07

«Non è vero che il professore Liberti favorì Ilva con la sua perizia. E non è vero che venne corrotto. Assurdo pensare che un professore si possa far corrompere con diecimila euro». Questa in estrema sintesi, la linea con la quale l’avvocato Carlo Raffo, in ben 9 ore di arringa in Corte di Assise di Taranto, ha difeso la posizione del professore travolto dall’inchiesta “Ambiente svenduto”, e per il quale i pm hanno chiesto la condanna a 17 anni di reclusione. 

L'arringa

Nel suo lungo intervento, spalmato in due udienze e destinato a essere concluso questa mattina, il penalista tarantino ha ripercorso le accuse che pendono sul capo del suo assistito. A cominciare da quella di corruzione, secondo la quale avrebbe accettato diecimila euro per falsificare gli esiti della perizia sull’inquinamento di Taranto che gli era stata commissionata dalla procura. Contestazione sostenuta sull’oramai famoso incontro tra Liberti e l’ex dirigente Ilva Archinà, intercettato dalle telecamere di una stazione di servizio di Acquaviva delle Fonti nel marzo del 2010. La difesa di Archinà nei giorni scorsi, e ieri l’avvocato Raffo per conto di Liberti, hanno sostenuto che i due quel giorno si scambiarono la bozza della convenzione in via di definizione tra il politecnico e il gruppo industriale. Il legale ieri ha ribadito come nelle immagini si veda il passaggio di alcuni fogli A4 e non di buste rigonfie di banconote. E per sottolineare come in quei giorni il tema della convenzione fosse di stretta attualità ha fatto ascoltare in aula una intercettazione. Un dialogo tra Liberti e Archinà, avvenuto un mese prima di quell’incontro ad Acquaviva, in cui il docente sollecitava la consegna della bozza su richiesta del suo rettore. 
«La prova - ha detto l’avvocato Raffo - di come quell’intesa fosse allo studio e non sia stata utilizzata come scusa dell’ultimo minuto per coprire altro». Il legale inoltre, è tornato sulla donazione da 10.000 euro fatta in quei giorni da Ilva alla chiesa jonica.

Una donazione che i pm assumano sia stata utilizzata come “schermo” per i soldi in realtà destinati a Liberti. «Il vescovo ha confermato quella donazione ed è assurdo non credergli. Così come è assurdo - ha rincarato il legale - pensare che Liberti possa aver falsificato la perizia per una cifra del genere». E sulla perizia al centro della vicenda, Raffo ha anche spiegato come nella sua relazione Liberti individuò in Ilva la fonte della contaminazione territoriale, evidenziando come i dati a disposizione fossero nei limiti previsti dalle norme in vigore all’epoca.

Il calendario

Questa mattina, dinanzi alla Corte, presieduta dal giudice Stefania D’Errico, a latere Fulvia Misserini, l’avvocato Carlo Raffo concluderà il suo intervento. Subito dopo la parola passerà all’avvocato Enzo Vozza, difensore dell’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso

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