Furbetti del cartellino: 23 dipendenti Amat a giudizio, 12 scagionati

Furbetti del cartellino: 23 dipendenti Amat a giudizio, 12 scagionati
Furbetti del cartellino: 23 dipendenti Amat a giudizio, 12 scagionati
di Francesco Casula
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Giovedì 15 Aprile 2021, 22:03 - Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 09:12

Si è chiusa con 23 rinvii a giudizio, 10 proscioglimenti per tenuità del fatto, una condanna e 2 assoluzioni (di cui 1 per tenuità del fatto) l’udienza preliminare nei confronti dei dipendenti Amat, azienda del trasporto pubblico di Taranto, accusati di assenteismo dopo l’indagine condotta dalla Squadra Mobile.

I fatti

 

È stato il giudice Francesco Maccagnano a emettere nel pomeriggio di ieri tre provvedimenti: due hanno riguardato gli imputati che hanno scelto il rito ordinario e per i quali il giudice ha disposto, come detto 23, rinvii a giudizio e per 10, difesi dagli avvocati Massimo Tarquinio, Pasquale Lisco, Biagio Leuzzi, Angelo Di Ponzio, Antonella Ruggero, Giuseppe Altamura, Francesco Paone, Francesco Sallustio e Marcello Ferramosca, ha invece disposto il non luogo a procedere. Il terzo provvedimento ha invece riguardato i tre imputati che hanno optato per il rito abbreviato.

In quest’ultimo caso il giudice ha condannato un dipendente a 1 anno e 4 mesi con la sospensione della pena: l’imputato inoltre, dovrà risarcire la somma di 9mila euro all’Amat che si era costituita parte civile al processo attraverso l’avvocato Claudio Petrone.

Due dipendenti invece, uno dei quali difeso dall’avvocato Luca Perrone, sono stati assolti dalle accuse. Truffa è l’ipotesi di reato contestata dal pm Lucia Isceri che ha coordinato l’inchiesta dei poliziotti,

L'accusa

 

Secondo l’accusa alcuni imputati avrebbero smarcato con i badge l’entrata o l’uscita dal lavoro senza essersi effettivamente recati nell’ufficio oppure sul posto di lavoro. Non solo. Per il pm Isceri alcuni dei dipendenti avrebbero smarcato «il cartellino» anche per conto di altri colleghi che sarebbero invece stati lontani dai luoghi del lavoro. 

Sotto accusa erano finiti tecnici di officina, impiegati, ausiliari del parcheggio e persino controllori: per tutti l’accusa mossa dalla procura è di aver ottenuto un «ingiusto profitto, rappresentato dalla indebita percezione di emolumenti, a fronte di prestazioni di lavoro in realtà non effettuate». 

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