Maestre vanno a scuola di scratch
I "docenti" sono alunni di dieci anni

Maestre vanno a scuola di scratch I "docenti" sono alunni di dieci anni
di Francesco TANZARELLA
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Giovedì 14 Giugno 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 08:49
Pensiero computazionale, coding: roba da far strabuzzare i neuroni a chiunque non sia nativo digitale. Un po’ quel che è accaduto a una decina di maestre dell’istituto comprensivo “Galilei”, quando si sono trovate di fronte una manciata di ragazzini di questa tribù, pronta a spiegar loro come si programma con “Scratch”.
Tutto è iniziato lo scorso 21 maggio. Su iniziativa della professoressa Fernanda Flores, che è animatore digitale dell’istituto, gli alunni di 5aC e 5a D del plesso “Giusti” del quartiere Tamburi hanno partecipato a una “sessione” del CoderDojo tenuta dal professor Umberto Talamo, docente del “Righi”. Il CoderDojo è una sorta di palestra per programmatori (“coder”, cioè programmatore, e “dojo”, la palestra giapponese in cui si praticano le arti marziali) dove i ragazzini si confrontano con i segreti del pensiero computazionale, il metodo di scomposizione dei problemi che è alla base della programmazione.
Immaginate questi decenni alle prese con i misteri dei bit… In realtà, per loro è stata una passeggiata: in una sola mattinata, utilizzando proprio il software di programmazione open source “Scratch”, indirizzati dal professor Talamo e sostenuti dagli alunni di quest’ultimo in veste di mentori, hanno realizzato un videogioco! Un plot molto semplice, certo: una bimba deve colpire con un casco di banane una scimmietta, guadagnando un punto per ogni centro. Se pensiamo al dramma vissuto ogni volta che dobbiamo registrare un contatto sul nostro smartphone, però, capiamo la portata di questo progetto.
Che ha avuto un’appendice davvero interessante e, per altri versi, significativa sotto il profilo della maturità acquisita dai ragazzi. Il 29 maggio, infatti, una parte degli alunni reduce dal CoderDojo ha “braccato” una decina di maestre... analogiche proveniente da tutti i plessi del “Galilei”: anche loro avrebbero dovuto imparare a programmare!
«Sono stati loro a chiedermi di poter spiegare il processo del coding alle maestre – ha spiegato la professoressa Flores –, io mi sono solo limitata a introdurre e coordinare le attività». Preso possesso della LIM, quindi, e divisi i compiti tra “docenti” e “mentori”, hanno messo sotto le loro “alunne” e, a fine giornata, esisteva anche una versione del videogioco firmata dalle maestre. Certo, non tutte hanno eccelso, ma il punto è un altro: i ragazzi hanno dimostrato di saper affrontare problemi complessi, di essere competenti e di non temere il confronto con maestre di fatto sconosciute.
«Sono molto soddisfatta dell'ottimo risultato ottenuto con questo esperimento – ha concluso la professoressa Flores –, perché ci inserisce nel solco tracciato dalle più recenti normative, allineando la scuola alle esigenze delle nuove generazioni. Questo successo, raggiunto grazie alla lungimiranza della nostra dirigente scolastica Maria Paola Scorza, fa il paio con quello ottenuto con il modulo “Thinking & Coding” del nostro Pon, destinato agli alunni delle terze elementari: un’altra esperienza di coding con “Scratch”, declinata però attraverso lo storytelling».
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