Acciaierie d'Italia, il futuro dello stabilimento di Taranto nel piano di Invitalia

L'insegna sul siderurgico di Taranto
L'insegna sul siderurgico di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Sabato 6 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:46

Il Governo, col Dl Aiuti Bis, la decisione l’ha presa. L’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, va soccorsa finanziariamente perché attenui la grave crisi di liquidità che l’affligge e le impedisce di acquistare le materie prime, di produrre adeguatamente e di pagare in tempi giusti fornitori e imprese dell’indotto, soprattutto a Taranto

L'analisi


Sul piatto è stato messo sino ad un miliardo di euro ma non sono, per ora, soldi freschi. È un’autorizzazione ad operare che il Governo ha dato ad Invitalia, società del ministero dell’Economia e partner di minoranza in Acciaierie d’Italia (mentre ArcelorMittal ha un ruolo di maggioranza). Invitalia sa dunque che può arrivare sino ad un miliardo, che costituisce un tetto, e adesso deve scegliere la tecnicalità dell’intervento, cioè come agire verso Acciaierie d’Italia, la quantità, ovvero quanto sborsare, e la tempistica, quando farlo. Sulla tecnicalità nel Dl Aiuti Bis il Governo ha indicato delle possibili soluzioni operative: “Aumenti di capitale o diversi strumenti, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale”. Se usare una modalità o un’altra, oppure magari trovare una soluzione ibrida, lo deve stabilire Invitalia. In ogni caso l’ex Ilva è la prima, importante partita che deve affrontare il nuovo ad di Invitalia, Bernardo Mattarella, insediato al vertice della società lo scorso 1 luglio dopo la lunga gestione di Domenico Arcuri, che era in carica dal 2007.

Arcuri è stato anche il manager che, con la regia del Governo Conte II (ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli dell’M5S), ha sottoscritto a dicembre 2020 il contratto che poi, ad aprile 2021 con un primo versamento pubblico di 400 milioni, ha fatto nascere Acciaierie d’Italia nell’attuale assetto. Contratto ancora oggi sottoposto a rilievi critici perché lo si ritiene sbilanciato a favore del privato Mittal. Fonti di Invitalia spiegano a  Quotidiano  che Mattarella (nipote del presidente della Repubblica) ha già partecipato nei giorni scorsi a diverse riunioni sul tema ex Ilva e che per il momento non ha ritenuto di dover aggiungere nulla a quanto deciso l’altro ieri dal Governo. 

Le cifre

Sul quanto dare all’ex Ilva, dipenderà dall’analisi del fabbisogno dell’azienda. Servirà un approfondimento specifico, dicono da Invitalia. Servirà avere un piano che indichi quanto è necessario per riportare la cassa aziendale ad una condizione meno problematica in attesa, come ha auspicato lo stesso Governo, che si arrivi o quantomeno si tenda ad una normalità. Roberto Benaglia, numero 1 della Fim Cisl, spiegava ieri a  Quotidiano   che Invitalia - se i tempi dell’accordo di dicembre 2020 non fossero saltati e aggiornati di due anni, a maggio 2024 - avrebbe dovuto versare entro fine maggio scorso 680 milioni e salire in maggioranza, al 60 per cento, in Acciaierie d’Italia. Non è avvenuto perché le condizioni preliminari poste a base dell’accordo di fine 2020 non si sono verificate (tra queste il dissequestro degli impianti siderurgici di Taranto), ma 680 milioni costituiscono una cifra che comunque era stata messa in cantiere. Era questo, infatti, l’ordine di grandezza della manovra che due mesi fa si sarebbe dovuta fare per l’ex Ilva. E nulla al momento può escludere che si resti su questa cifra anche se solo l’esame delle necessità aziendali potrà effettivamente determinarla. 

I tempi

Ovviamente di tempo a disposizione per Acciaierie d’Italia non è che ce ne sia tanto. La società già da un pezzo è in sofferenza come ha più volte dichiarato il presidente Franco Bernabè. In altri termini, le difficoltà a comprare le materie prime, o i tempi dilazionati di pagamento all’indotto, non sono certo questione di oggi. Bernabé ha detto che una società con gli impianti sequestrati ha difficoltà ad avere accesso al credito bancario. E non è un caso se qualche mese fa Acciaierie d’Italia ha dovuto cartolarizzare crediti per 1,5 miliardi con Morgan Stanley per trarre respiro. E se recentemente é entrato in vigore un Dpcm che prevede il sostegno alle imprese energivore di interesse strategico (la siderurgia è energivora e l’ex Ilva è strategica) attraverso le garanzie pubbliche di Sace. Questioni datate, quindi, quelle della liquidità ma che, evidenzia Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto, «adesso si sono complicate perché sono saliti alle stelle i costi delle materie prime per l’acciaio e del gas, tant’é che Acciaierie d’Italia ha dovuto chiedere a Mittal una garanzia di 300 milioni sul gas». 

Le dichiarazioni


Ora, se il quadro è quello descritto, è evidente che superata la pausa feriale un primo sostegno concreto dovrà giungere ad Acciaierie d’Italia da Invitalia. Altrimenti l’azienda barcollerà sempre più. 
«Il Governo è intervenuto ed ha fatto bene - commenta a Quotidiano Rocco Palombella, segretario generale Uilm -, ma ad Invitalia è stata data solo un’autorizzazione ad operare. Il punto è che adesso si deve operare, si deve agire. E noi ci chiediamo come e quando. E soprattutto con quali garanzie per l’intervento pubblico. Non vorremmo correre il rischio di vedere bruciate le nuove risorse nel giro di sei mesi. Un rischio non ipotetico. Ci preoccupa il fatto che le leve del comando sono nelle mani del privato, dell’ad Morselli, non in quelle dello Stato. Bisognerebbe già da ora sollecitare trasparenza e affidabilità nell’uso di questi soldi, oltre alla loro finalizzazione su obiettivi chiari, verificabili, che puntino sia al rilancio della fabbrica, che è a terra sotto ogni punto di vista, che a dare un po’ di tranquillità alle tante imprese dell’indotto ormai stremate dai mancati pagamenti». 

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