C’è anche una fornitura di oltre 2,6 milioni di metri cubi d’acqua per uso industriale tra i debiti che deve saldare Acciaierie d’Italia. Un debito non enorme - si è sotto i 400mila euro - ma che amplia la casistica e l’elenco di coloro che sono in lista di attesa.
Le "bollette"
Sono 375.260,54 euro da corrispondere all’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (Eipli). Si tratta dell’ex Ente irrigazione, Ente pubblico non economico in liquidazione, vigilato dal ministero delle Politiche agricole. L’importo è relativo a due fatture di agosto scorso. Una, per la fornitura dall’impianto del Tara, riguarda 1.874.880 metri cubi di acqua. Sono da saldare 172.172,11 euro per l’erogato e 17.217,21 per l’Iva al 10 per cento. Totale: 189.389,32 euro. L’altra, invece, è relativa alla fornitura dal Sinni: 812.765 metri cubi. Qui l’ammontare dell’erogato è pari a 168.973,84 euro cui vanno aggiunti 16.897,38 di Iva per un complessivo di 185.871,22 euro. Su proposta del responsabile del servizio amministrativo Antonio Cappiello, che ha proposto “l’adozione del provvedimento di autorizzazione all’accertamento e alla emissione della reversale di incasso”, il commissario Nicola Fortunato ha quindi disposto, con un doppio decreto del 29 settembre, numeri 544 e 545, “di autorizzare l’assunzione dell’accertamento e riscossione”.
Trattandosi di acqua usata per il raffreddamento degli impianti (più dolce rispetto a quella industriale, ma ancor più dolce, rispetto al Tara, è quella del Sinni), si potrebbe dire che si tratta di una goccia nel mare. Perché ben altre sono le partite debitorie che l’ex Ilva di Taranto deve gestire in questa fase.
I crediti delle aziende dell'indotto
Indicativi della situazione sono, per esempio, i 100 milioni di euro che avanzano le aziende dell’indotto.
Il futuro dell'azienda
In una fase di passaggio come l’attuale, tra Governo uscente e Governo subentrante, sembra difficile che Invitalia (guidata dall’ad Bernardo Mattarella, nipote del presidente della Repubblica) possa prendere decisioni a brevissima scadenza su un dossier complicato e importante come quello dell’ex Ilva, e sul quale si sono cimentati sette diversi Governi dal sequestro del 2012 ad oggi: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1, Conte 2 e Draghi. Non a caso tra gli addetti ai lavori la battuta che circola è: “Si attende il nuovo Governo, siamo in attesa del nuovo ministro allo Sviluppo economico”.
Con i dl Aiuti Bis e Aiuti Ter, l’esecutivo Draghi ha fatto una scelta in direzione di un’azienda posizionata nell’orbita pubblica. Il miliardo di Aiuti Bis dovrebbe infatti andare alla ricapitalizzazione mentre l’altro miliardo di Aiuti Ter (decreto non ancora convertito in legge) servirà alla realizzazione degli impianti per produrre il preridotto di ferro. Operazione, quest’ultima, affidata anch’essa a Invitalia. E se è vero che la produzione di preridotto - per ridurre sia l’uso di coke, minerali e rottame, che le emissioni inquinanti - è rivolta a tutti gli acciaieri, quindi non solo all’ex Ilva, va da se che quest’ultima sarà tra i principali utilizzatori. Anche perché preridotto e forno elettrico sono contemplati nel nuovo piano industriale. A tutto ciò si aggiunga che c’é parte del sindacato che spinge affinchè il miliardo di Aiuti Bis serva a portare lo Stato in maggioranza, al 60 per cento, in Acciaierie d’Italia. Lo ha ribadito l’altro ieri a Taranto Michele De Palma, leader della Fiom Cgil.