Pilato, lo show e le lacrime: a 14 anni argento mondiale La tarantina stella da record

BENNY
BENNY
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Lunedì 29 Luglio 2019, 22:17
Al collo ha una medaglia d'argento mondiale, la chioma mezza color dell'oro (o del granturco, forse) e mezza del bronzo: ha 14 anni, è del 2005. Benedetta Pilato da Taranto è un primato che nuota. Ha compiuto l'impresa dell'argento nel mondiale a Gwangju in Corea del Sud, che rappresenterà l'ultimo dei nove di Federica Pellegrini.
Quando Fede nuotò il suo primo, Benedetta non era ancora nata. «Non so cosa ho fatto» è stata la sua prima frase una volta tornata sulla terra. Non lo sapeva neppure quando stava ancora in acqua, corsia 6, ed aveva toccato la piastra della gloria per seconda. Che lei pensava d'essere terza ed era quel bronzo su cui aveva fatto un pensierino da sempre e più ancora da quando aveva buttato giù il muro dei 30 secondi, prima italiana a riuscirci, nella qualificazione chiusa in 29.98.
Benedetta piangeva in mezzo all'acqua. Credeva di svenire. Se n'è accorta l'americana vincitrice, Lilly King, (29.84 il suo crono contro i 30 netti dell'azzurra), 22 anni ma istinto materno verso la ragazzina tarantina; l'ha raggiunta, abbracciata e le ha detto Tutto okay?. Anche tra quelle braccia possenti piangeva. Era la tensione che si scioglieva, l'emozione che tracimava. In tutti i giorni dell'attesa Benedetta chiedeva e si chiedeva «Ma quando tocca a me?».
Lo sapeva ma siccome non vedeva l'ora «Ho l'ansia», ha anche telefonato all'allenatore con cui è cresciuta insieme, Vito D'Onghia della Fimco Sport, anche lui è giovane per il lavoro che fa; lui è rimasto a Taranto. «Stai tranquilla, fai quello che sai».
Quello che sa Benedetta lo sa da quando aveva cinque anni. Ma quale Barbie? La piscina, quella sì che era vita. La facciamo gareggiare? Chiese Vito a papà Salvatore, lavoratore in marina. Papà non voleva: aveva avuto trascorsi da agonista e conosceva i sacrifici. Non voleva che pure Benedetta li provasse. «Dai, una gara sola». Papà cedette. E poi un'altra sola, e un'altra e non c'era più bisogno di chiedere, anche perché da qualche tempo a questa parte per Benedetta ogni gara era un record. E lo è stato anche a Gwangju.
La mattina a scuola, liceo scientifico con applicazioni tecniche; a casa un pisolino e i compiti; se sono troppi, salta il pisolino. Quel che non salta mai è l'allenamento dalle 19. Due ore. Tre volte a settimana la palestra. La piscina è da 25 metri, a 10 minuti da casa. L'accompagnano papà o mamma, anche secondo gli impegni del fratello, un calciatore di 10 anni.
La gara di Gwangju non è gran cosa da raccontare: i 50 sono il tempo di reazione, gli spruzzi, il tocco. Magari un domani saranno i 100, perché lo sprint non è olimpico. «Ci stiamo lavorando», fa Benedetta. Il plurale è per tanti, come la dedica, genitori, nonni, allenatore, amici e tifosi.
E un pensiero per un idolo: «È Adam Peaty, lui è la rana». L'ha conosciuto? «Già al Sette Colli, qui l'ho rivisto e ci siamo detti buongiorno'». Adam pare un culturista, vive in una stratosfera del suo stile. Ma anche la Pilato non è che sembri l'adolescente che è. Dice la Carraro: «Per me non si rende conto di quel che ha fatto». Dice la Pellegrini: «A guardarla non direi che non se lo aspettasse». Che è ancora meglio per la favola della rana che un bacio fa principe tradotta al femminile per la gioia delle pari opportuniste a tempo pieno. I 100 okay, ma Benedetta Pilato è talmente giovane che potrebbe fare in tempo a vedere i 50 arrivare ai Giochi. E nel frattempo se fa come la Pellegrini ha almeno altri nove Mondiali da nuotare.
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