Lucarelli, Conticchio, i pasticciotti e quella maledetta nostalgia del calcio che fu

Lucarelli, Conticchio, i pasticciotti e quella maledetta nostalgia del calcio che fu
di Vincenzo MARUCCIO
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Sabato 27 Novembre 2021, 14:42 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 00:09

Maledetta nostalgia. Meglio scacciarla via. Difficile quando Cristiano Lucarelli, chiuso il sipario di Lecce-Ternana, fa il giro del campo per salutare i tifosi e se ne apre un altro: il nastro si riavvolge e riaffiora il bomber di Livorno in maglia giallorossa che rischiò di far venire giù il Via del Mare quando, al suo esordio, segnò sul finale il 2-2 al Milan dei campioni. Difficile se con lui c’è Alessandro Conticchio, per tutti il “sindaco” di Lecce dopo uno storico gol nel derby contro il Bari. Lucarelli allenatore della squadra ospite, Conticchio in panchina nel suo staff. Saluti sotto la curva Nord, applausi da tutti i settori, due minuti che durano un’eternità. Il ricordo che va a pomeriggi indimenticabili quando i ragazzi di mister Cavasin, al sole del Salento, mettevano paura alle grandi. Nessuna esclusa.

 


Maledetta nostalgia, ma per fortuna c’è Lucarelli, toscanaccio con la battuta pronta, a scacciarla via. «Non vedo più nessuno della vecchia guardia, vuol dire che sono diventato vecchio»: è la frase che finisce sui taccuini e i sorrisi in sala stampa allontanano inutili malinconie.

La tentazione è forte quando ci ritorna su e i cronisti prendono nota: «In albergo sono venuti in tanti in queste ore e a Peppino Palaia, arrivato per salutarmi, ho chiesto come mai qui a Lecce, a 22 anni di distanza, si ricordano ancora di ciò che abbiamo fatto. È stata una processione continua ed è venuta a salutarmi gente che neanche conoscevo. Gli applausi dei tifosi? Un’emozione indescrivibile».


Ventisette gol giallorossi in serie A nonostante qualcuno gli dicesse che non era abbastanza magro per certi palcoscenici. «Colpa dei pasticciotti leccesi», ribatteva lui scherzosamente. Pasticciotti che rispuntano sempre. «Me li hanno portati, erano buonissimi - dice ai giornalisti - e li ho fatti assaggiare ai ragazzi. Cosa volete che sia». Golosone e “recidivo” come quando, narrano certe cronache, da giocatore del suo Livorno in chiusura di carriera fece fermare il pullman della squadra davanti alla pasticceria Citiso per riassaporarne il gusto.


Uno ci pensa e si chiede: qual è il segreto? Perché, dopo, questa magia non si è più ripetuta con la stessa intensità? La risposta viene spontanea: non è più il calcio di un tempo, ma sarebbe ingiusta. E forse anche senza senso perché il calcio non ammette confronti con il passato, chi è meglio e chi è peggio, chi “riscalda” il cuore e chi no. Si fa largo un’ipotesi, come una volta disse lo stesso Lucarelli: «Noi vivevano insieme per ore, giocavano a carte ed eravamo una squadra anche fuori dal campo». Ma è un dato di fatto, non prendetelo come termine di paragone con i giorni d’oggi. Accadeva ed era magia. Punto e basta. E chi l’ha vissuto lo sente. Chi non c’era e ne ascolta i racconti potrebbe perfino annoiarsi.


Meglio il presente che profuma ancora di serie A. Lucarelli e Coda (assente, purtroppo, all’ultima sfida), da attaccante a attaccante: «Lo vidi giovanissimo durante un’amichevole estiva e segnò quaattro gol. Oggi è il bomber del Lecce e so cosa sta provando perché io l’ho provato prima di lui. Perché sono stato il bomber del Lecce».

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