Sticchi Damiani: «Non condivido questa corsa alla ripresa della serie A»

Saverio Sticchi Damiani
Saverio Sticchi Damiani
di Lino DE LORENZIS
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Venerdì 17 Aprile 2020, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 10:52
Presidente Sticchi Damiani, qual è il suo giudizio sul Protocollo sanitario approntato dal Comitato scientifico della Figc?
«Non sta certo a me entrare nel merito di questo Protocollo, del resto ci sono dei medici che l’hanno scritto, professionisti di alto livello in campo scientifico. Io da presidente del Lecce mi sono preoccupato però di chiedere ai nostri medici sociali, ai dottori Palaia, Congedo, Tondo e Marti di guardarlo con attenzione, di studiarlo approfonditamente per evidenziarmi le eventuali criticità».

Ciò significa che il calcio procede a grandi passi verso la ripresa dell’attività?
«Beh, su questo andrei molto, molto cauto. Non bisogna dimenticare che i numeri di questa epidemia continuano ad essere drammatici, ogni giorno muoiono sistematicamente 600 persone e per me è impensabile forzare i tempi, mettendo a rischio la salute delle persone. Quindi, benvenga questo Protocollo, ma da utilizzare solo quando ci saranno le necessarie condizioni di sicurezza per la salute pubblica. Mi va bene che il calcio si possa far trovare pronto per quel giorno, vicino o lontano che sia, quello che non mi va bene è pensare che tutta questa voglia di predisporre la ripresa possa essere un modo per anticipare i tempi in presenza ancora di pericoli per tutti».

Va detto comunque che il Protocollo della Figc dovrà essere approvato dal Ministero della Sanità. Si tratta di un passaggio obbligato e non c’è certezza sulla risposta positiva.
«Certo, è un passaggio chiave. Sarà fondamentale infatti il vaglio del Ministero della Sanità e del ministro Speranza. Mi permetta di dire che forse, in questa fase di predisposizione del Protocollo, si poteva tenere in maggiore considerazione l’esperienza dei vari medici sportivi italiani, che saranno poi coloro chiamati ad applicarlo sul campo. Ho l’impressione che, allo stato, non siano stati adeguatamente coinvolti».

Presidente, il Protocollo prevede anche l’obbligo “blindare” la squadra nei centri di ogni singola società. Il Lecce non ha un proprio centro sportivo, quindi nel caso sarà costretto a ripiegare su una struttura privata.
«Sono certo che avremmo sicuramente delle valide alternative come ad esempio l’Acaya Golf Club, la struttura che ha ospitato la squadra dall’inizio della stagione, e che consente al gruppo di vivere in totale isolamento e massima sicurezza. Non nascondo però che questa può essere anche l’occasione per ribadire un’altra priorità di questa società che ha sempre pensato di realizzare un proprio centro sportivo, cosa che l’anno scorso non è stato possibile fare perché abbiamo speso quasi 5 milioni di euro per il restyling dello stadio Via del Mare. Il prossimo investimento potrebbe essere proprio il centro sportivo di proprietà del Lecce soprattutto se dovessimo restare in serie A».

Nel frattempo, il Lecce si “isolerebbe” nel quartiere generale dell’Acaya Golf Club?
«Molto probabilmente sì».

Sia sincero, cosa la preoccupa di più in questo momento?
«La fretta, questa maledetta fretta. Non vorrei che per l’esigenza di dover ripartire si facessero passi affrettati. Sarebbe un errore madornale. Io ho sempre detto che, pur non avendo il giusto stato d’animo, se serve tornare in campo il Lecce è a disposizione. Precisando altresì che ciò deve avvenire nei tempi giusti, quando il rischio contagio sarà pari a zero. La mia preoccupazione è che ci sia una corsa alla ripresa che non condivido assolutamente».
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