L'abbraccio con Rebic, parla il raccattapalle: «Lo rifarei mille volte, è il senso del calcio»

L'abbraccio con Rebic, parla il raccattapalle: «Lo rifarei mille volte, è il senso del calcio»
di Alessandra LUPO
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Mercoledì 24 Giugno 2020, 13:22 - Ultimo aggiornamento: 25 Giugno, 16:00
Un abbraccio finito su tutti i giornali quello tra l'attaccante del Milan Ante Rebić e il raccattapalle salentino Gabriele Gallo durante l'incontro al Via del Mare di lunedì scorso, in cui i rossoneri hanno battuto il Lecce in casa 1-4.
A far discutere, al netto della critica per il mancato distanziamento fisico relativo al Covid, è stato l'insolito gesto di vicinanza tra membri di squadre avversarie. Un gesto inedito, inserito in un contesto altrettanto inedito che è quello della Seria A a spalti deserti, con incontri privi dell'elemento fondamentale: l'ondata emotiva del pubblico.
Un quadro interessante, si potrebbe dire speciale, capace di generare reazioni inattese come questa, diventata un piccolo simbolo, soprattutto in un ambito come quello sportivo in cui la fratellanza dovrebbe restare il valore di fondo.
E così è stato per molti, anche se il pubblico da casa si è diviso: in tanti hanno apprezzato il gesto del croato, vice-campione del mondo nel 2018, e anche il fairplay del giocatore salentino nel ricambiare. Ma nell'enfasi soprattutto locale della sconfitta non è mancato chi ha rinfacciato al giovanissimo raccattapalle di avere fraternizzato troppo con l'avversario.

Gabriele Gallo, 19 anni e da cinque nella Primavera del Lecce, lunedì scorso l'hanno designata come raccattapalle per Lecce-Milan, poi sull'1-3 cosa è successo?
«Io stavo facendo il raccattapalle sotto la Curva Nord quando Rebic ha segnato il terzo gol per il Milan. Non nascondo di esserne rimasto molto dispiaciuto, tanto che ho girato la testa dall'altra parte e non l'ho visto subito arrivare. Lui se n'è accorto, ha corso verso di me e mi ha prima preso amichevolmente a pugni e poi abbracciato».
Lei come si è sentito?
«Ero sorpreso e mi sono sulle prime immobilizzato, poi gli ho dato una pacca sulla spalla».
Era in imbarazzo?
«Sì, un po': mi ha spiazzato. Ma comunque era un bel gesto, la società mi ha trasmesso questi valori: sportività, rispetto per l'avversario, umanità».
E sul mancato rispetto della distanza anti Covid?
«Ha fatto tutto lui, non me lo aspettavo. In quel momento non ci ho pensato. La situazione è strana per tutti».
Il tutto è avvenuto in una condizione anomala, infatti, che soprattutto allo stadio crea un effetto straniante: spalti vuoti e pubblico che segue da casa...
«Sì, rispetto alla tragedia che stiamo vivendo è stato bello spezzare gli schemi soprattutto da rivali e ricordarci che siamo tutti fratelli».
Lo rifarebbe?
«Certo, mille altre volte perché questo è il senso del calcio».
In tanti però l'hanno criticata, come si è sentito?
«Ci sono stati molti commenti positivi, di chi ha capito la situazione e li ringrazio. A chi mi ha criticato rispondo che sono sicuro di me stesso e che le persone non si giudicano dal gesto di un attimo ma si guardano nel loro atteggiamento complessivo. Io non ci ho trovato nulla di male, ma le opinioni differenti mi fanno crescere».
Che squadra tifa?
«Tifo Lecce, naturalmente, e sono fortunato di giocare nella squadra per cui tifo fin da bambino. Io ho sempre dato tutto per questa maglia e lo farò sempre, devo molto alla società».
Lo scorso anno ha sfiorato l'esordio in Serie A.
«Sì, in amichevole con il Cosenza e durante gli allenamenti sono spesso in prima squadra».
Questa stagione potrebbe essere quella giusta, quindi?
«Sì, il mio sogno è di esordire in serie A con la maglia del Lecce. Sarebbe la cosa più bella».
 











 
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