Gabriel: "Sono orgoglio del mio Lecce. Tra un 4-3 e uno 0-0 preferisco prendere tre gol e festeggiare la vittoria"

Il portiere Gabriel
Il portiere Gabriel
di Tonio DE GIORGI
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Ottobre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:02

Il Lecce ha portato a casa la quarta vittoria consecutiva, il sesto risultato utile e, soprattutto, è riuscito a mantenere inviolata la propria porta contro un avversario diretto e quotato. I dati difensivi rendono felice il portiere Gabriel. «Sì, è chiaro che mi fa piacere non aver subito gol ma il calcio resta sempre un gioco di squadra».
Gabriel, durante la partita con il Monza ha avvertito un fastidio alla coscia, ora come sta?
«Sto molto meglio. Ho rinviato una palla e ho sentito qualcosa, mi sono un po’ preoccupato, però questi due, tre giorni che abbiamo avuto di scarico sono stati importanti per recuperare. Sto bene e penso di potermi allenare regolarmente».
Si aspettava questo exploit della squadra? 
«Non è una cosa scontata, semplice. Quando si parte con un allenatore nuovo e con tanti giocatori nuovi e con idee nuove ci vuole sempre tempo per assorbirle. E a volte nel calcio il tempo non c’è e penso che siamo stati bravi a sfruttare il tempo cercando questa sintonia il prima possibile. La nostra crescita poteva richiedere tempi più lunghi, invece ora già sembriamo una squadra. Normale, tuttavia, che nelle prime partite abbiamo fatto fatica perché eravamo di fronte a un nuovo modo di giocare». 
In questo avvio di campionato sono già tre le partite chiuse senza subire gol...
«Si parla tanto di numeri, ma alla fine nel calcio vince chi fa un gol in più. Fra un 4-3 e uno 0-0 preferisco prendere tre gol e vincere 4-3. Nel calcio vale la vittoria, non vale il clean sheet (partita senza subire gol, ndc). Non prendere gol è importante ma alla fine quello che contano sono i tre punti e poi l’obbiettivo di fine campionato. Per me conta questo. E non le partite senza gol che rendono felice solo me mentre non siamo riusciti a raggiungere il nostro traguardo».
Con la maglia del Lecce ha superato le 80 presenze e punta a quota 100.
«Sono molto onorato di vestire questa maglia. È molto importante per me perché è la prima volta che riesco a costruire qualcosa in un posto. Mai ero rimasto tanto tempo con la stessa squadra».
È felice?
«Sì, la cosa più bella è che si sta creando qualcosa a livello di squadra e vedere che la mia famiglia si trova bene a Lecce e io mi trovo bene in questo spogliatoio. Tutto questo conta più di qualsiasi parata. Venire qui ed allenarmi mi rende felice».
Si sente un leader dello spogliatoio?
«Sì, ho parecchie partite sulle spalle e tanti campionati. Come ho detto prima è il mio terzo anno qui. Ora cerco di aiutare i nuovi arrivati ad inserirsi come fecero con me al Milan quando arrivai in Italia a 19 anni. Ho il piacere di aiutarli, magari portarli al ristorante o mettermi a disposizione per tutto. Nessuno mi obbliga, mi fa semplicemente piacere».
Chi è stato il suo tutor al Milan?
«Un po’ tutti. In particolare Ferdinando Coppola, il quarto portiere. Per me è stato come un fratello più grande, mi ha aiutato tantissimo».
In queste ultime partite si è visto il vero Lecce?
«Le partite contro Cremonese, Como, Alessandria in cui abbiamo avuto delle difficoltà posso ricapitare. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo intrapreso un percorso nuovo, siamo una squadra con tanti giocatori nuovi e un nuovo allenatore. Quindi ci serve tempo. Però spero che queste ultime partite abbiano fornito quei segnali che ci permettono di pensare con fiducia al futuro. Speriamo di essere sulla strada giusta. Noi abbiamo il desiderio di rimanere su questo percorso, però non è scontato, non è matematico».
Questa sosta arriva forse nel momento sbagliato?
«Dobbiamo approfittare per lavorare di più e migliorare più aspetti possibile sapendo che abbiamo ancora tanto da costruire. Non possiamo fermarci qui dopo quattro vittorie pensando che vada tutto bene. Non è così: non andava tutto storto prima, non va tutto bene adesso. Ci serve equilibrio».
Una curiosità: portiere si nasce o si diventa?
«Difficile dirlo: io lo sono diventato, però se ci penso sono nato perché mi è sempre piaciuto. I guanti e l’abbigliamento differente mi hanno sempre attratto. E così mi sono innamorato del ruolo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA