Fascetti lancia il Lecce: "Questa squadra mi piace, bravo Baroni nella gestione di un ottimo gruppo. C'è tutto per conquistare la serie A"

Eugenio Fascetti (a destra) con il dottor Giuseppe Palaia
Eugenio Fascetti (a destra) con il dottor Giuseppe Palaia
di Antonio IMPERIALE
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Lunedì 31 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:03

È un po’ come voltarsi indietro, ora che l’orizzonte disegna dalla cima della classifica ancora una volta la serie A, appena riconquistata e persa con Fabio Liverani, e poi mancata beffardamente con Eugenio Corini. È un altro Eugenio, quello che si muove fra passato, presente e futuro. È il toscanaccio viareggino, pane al pane, vino al vino, idee chiare e discorsi senza le ipocrisie dei mezzi termini, l’Eugenio Fascetti che aveva l’hobby di vincere i campionati, e che vinse pure a Lecce, spalancando per la prima volta la porta della serie A al Salento. Correvano gli anni Ottanta, quelli del “riflusso”, del ritorno nel privato, correva la stagione 1984-85. «Sembra ancora ieri - dice dalla sua Toscana -. Questa può essere la promozione storica, degli anni del Covid, della pandemia che non scorderemo. Realtà assai diverse queste degli anni Duemila. Questo Lecce di Corvino, che scopre campioni nei più riposti angoli del mondo, che sta vivendo la gloria dell’affare Vlahovic scoperto da ragazzino, questo Lecce di Baroni, con una grande società alle spalle, può far sognare ancora la straordinaria gente del Salento. Ha tutti i numeri e ha dimostrato di saperli giocare con sagacia al tavolo di un campionato affollato di autorevoli pretendenti».

"Lecce, mi piaci"

E spiega perché. «L’ho visto in televisione, il Lecce. È una squadra compatta, bella e concreta insieme, con un bel gruppo di giocatori, molti dei quali come Coda, Strefezza, Hjulmand, in B fanno la differenza. Ha una rosa ampia che consente i ricambi indolori in un campionato in cui si gioca spesso ogni tre giorni. È una squadra che sa cosa vuole, fa spettacolo mai fine a se stesso, ma va al sodo. I risultati si colgono in tutte le maniere, con la capacità magari di rubarle, se necessario, certe partite. Sa, Baroni, l’importanza di non perdere, magari di accontentarsi di un pari, perché la sconfitta nella logica dei tre punti è maledettamente pesante. Il pareggio ti tiene in gioco. Questo è un Lecce che sa far tesoro della lezione dell’anno scorso, un suicidio clamoroso, incredibile».
Lecce primo in classifica, con un girone di ritorno davanti, cambia il ruolo, con riflessi sugli atteggiamenti mentali oltre che su quelli tecnico-tattici. «Il Lecce sarà ancora di più la squadra da battere, il Lecce. Conta il temperamento, la continuità. Baroni sta facendo grandi cose, ha già vinto e sa come si fa a vincere ancora. Il calcio delle cinque sostituzioni sta esaltando il ruolo degli allenatori, con la possibilità di cambiare la logica stessa della squadra e della partita.

Baroni sa leggere le diverse situazioni e agire di conseguenza in modo coerente».

"Componenti per vincere"

Da allenatore che ha vinto sei campionati, Fascetti conosce bene la logica della vittoria di un torneo. «Una società seria, un presidente intelligente, che non condiziona l’allenatore, giocatori forti, un grande pubblico come quello leccese che in quei miei anni salentini fu determinante e sono sicuro che lo sia ancora. Ecco, il Lecce ha tutto».
Il mercato sta già cambiando i valori delle squadre, il Lecce ha già messo a segno diversi colpi, ma deve resistere alle tentazioni dell’ultimo giorno per Strefezza, Hjulmand, Calabresi, Gendrey e altri. La gerarchia dei valori può cambiare. «Ci sono tante squadre molto ben attrezzate e ambiziose e stanno operando tutte in funzione-promozione. Sarà un campionato ancora più duro, per certi versi ancora più imprevedibile. C’è chi deve riadattare i piani. Il Lecce ha già la sua personalità. La società farà bene a resistere in questa fase invernale alle offerte più allettanti per non stravolgere valori sia individuali che collettivi già collaudati, che hanno portato la squadra in alto. In estate sarà il tempo giusto per muoversi sulla base delle nuove ambizioni».
E corre, Fascetti, sul viale dei ricordi di quelle stagioni che lo videro protagonista. «Avevamo un bel gruppo. Mi piace ricordare un giocatore che avrebbe meritato una carriera strepitosa. Parlo di Luperto, uno davvero molto bravo, un grande, già l’anno prima della promozione, quando arrivammo quarti era stato bravissimo. Probabilmente non ha trovato gli allenatori giusti. Miceli era una garanzia difensiva, importante Vanoli che arrivò dopo la perdita di Lorusso e Pezzella, molto bravo in attacco Paciocco, bravo anche Cipriani, ricordo i Di Chiara, Stefano in difesa, Alberto anche lui in gol in attacco, siglò il gol del pareggio di Monza, ma non voglio fare un torto a nessuno, dovrei citarli tutti. Passione e intelligenza animavano la società, la presenza di Peppino Palaia, un settore giovanile con i grandissimi Carmelo Russo e Cartisano. Ho negli occhi e nel cuore la festa della nostra gente». L’anno dopo sarebbero stati in sessantamila, contro la Juventus, sugli spalti dello stadio rifatto da Costantino Rozzi. Fu l’anno dell’arrivo di Pasculli e Barbas che si sarebbero poi consegnati alla storia giallorossa, l’anno di un Causio a fine carriera, capitano generoso, l’anno del debutto di Conte e Garzya. Purtroppo si ritornò subito in B, togliendosi lo sfizio del 3-2 sul campo della Roma, che perse lo scudetto di mano, cedendolo alla Juventus.

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