Estorsione, la Cassazione conferma la condanna per Miccoli. L'ex bomber salentino si è presentato al carcere di Rovigo

Estorsione, la Cassazione conferma la condanna per Miccoli. L'ex bomber salentino si è presentato al carcere di Rovigo
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Mercoledì 24 Novembre 2021, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 18:12

Condanna definitiva per Fabrizio Miccoli. L'ex calciatore del Palermo, originario di San Donato (Lecce), dovrà scontare 3 anni e 6 mesi di carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Dopo la condanna definitiva, il "Romario del Salento" si è presentato spontaneamente oggi al carcere di Rovigo.

I giudici della seconda sezione penale della Cassazione hanno rigettato il ricorso dell'ex calciatore ha confermato la sentenza decisa nel gennaio 2020 dalla Corte di Appello di Palermo per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Accolta dunque la richiesta del sostituto procuratore generale della Suprema Corte Fulvio Baldi di rigettare il ricorso. Miccoli è accusato di aver sollecitato Mauro Lauricella, figlio di un mafioso del quartiere Kalsa, a chiedere la restituzione di ventimila euro all'imprenditore Andrea Graffagnini per conto del suo amico Giorgio Gasparini.

I soldi erano frutto della cessione della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine. 

Il caso Miccoli

Miccoli era accusato di avere commissionato a Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonino detto «u scintilluni» - che sta già scontando in carcere una pena di 7 anni - il compito di recuperare 12mila euro dall'imprenditore Andrea Graffagnini, titolare della discoteca Paparazzi, per conto dell'ex fisioterapista del Palermo Giorgio Gasparini, il quale si sarebbe rivolto proprio a Miccoli. Quest'ultimo, aveva coinvolto Lauricella con il quale era in rapporti d'amicizia quando indossava la maglia del Palermo. Agli atti dell'inchiesta anche alcune intercettazioni tra Miccoli e il figlio del boss della Kalsa: il giocatore definì Giovanni Falcone «quel fango» mentre stava aspettando l'amico in via Notarbartolo, nei pressi della casa dove abitava il magistrato. Per queste parole, Miccoli si scusò pubblicamente tra le lacrime. 

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