De Picciotto: "Io avrei fermato il calcio. Comunque andrà a finire, potenzieremo il Lecce"

René De Picciotto
René De Picciotto
di Lino DE LORENZIS
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Domenica 10 Maggio 2020, 08:14
Dottor De Picciotto, innanzitutto come sta?
«Benissimo, grazie».
In questi giorni non si può non parlare dell’emergenza coronavirus che si è abbattuta con violenza anche sull’economia dell’intero pianeta: come la sta vivendo?
«Con voglia di ripartire anche se la pandemia ha prodotto danni dappertutto. È arrivata all’improvviso e, quel che è peggio, non è ancora finita. Il mondo non era preparato per affrontare questo tsunami».
Ora è necessario uscirne al più presto, non crede?
«Certo, ma non si sa esattamente come si riprenderà, cosa non riaprirà per niente perché certe attività hanno subito un colpo durissimo, forse letale, mentre altre ci metteranno un po’ più di tempo a ripartire perché la gente ha paura, non spende, ha cambiato un po’ le priorità di spesa e quindi si vedrà nei prossimi mesi come se ne esce. Sono certo però che ne usciremo ma non sarà la stessa cosa per tutti».
La crisi mondiale ha arrecato danni al suo patrimonio?
«Sul piano personale, grazie a Dio, niente di particolare. Per ciò che riguarda i miei affari, essendo da sempre un gestore, sono stato molto cauto nelle questioni patrimoniali e di conseguenza non ero molto impegnato in borsa. Ora sono di nuovo entrato, parzialmente, nei mercati».
E le sue attività imprenditoriali, hanno risentito del lockdown?
«In Europa ho sette alberghi, in Francia, Svizzera e Serbia, e in questo momento sono ancora chiusi. Lo stop è iniziato a marzo. Parliamo di circa mille camere chiuse, di strutture che comunque hanno dovuto affrontare delle spese e senza poter contare su alcun ricavo. Probabilmente riapriranno agli inizi del mese di giugno. Poi, ho un centro commerciale in Russia che in questo periodo è chiuso all’85-90 per cento e non si sa esattamente come e quando potrà riaprire al cento per cento. Personalmente, penso ci vorranno ancora almeno tre mesi. Diciamo quindi che in Europa le mie attività stanno soffrendo abbastanza. In America invece ho alberghi (al momento sono 6 ma diventeranno dieci entro la fine del 2020, ndr) che non sono stati chiusi, anche se hanno lavorato un po’ meno rispetto alle abitudini».
In America, quindi, gli alberghi sono rimasti aperti regolarmente?
«Sì, ma l’America è un altro mondo. Laggiù la gente non reagisce come in Europa e non reagisce come nel sud. Per quello che riguarda il sud, ho dovuto fermare tutti i lavori, quindi è stato rimandato agli inizi di giugno il riavvio dell’ex palazzo del Banco di Napoli, a Lecce. Le strutture ricettive che ho nella zona di Fasano hanno registrato la cancellazione delle prenotazioni per questa estate ma posso dire che le stesse persone, tutti stranieri e soprattutto americani, hanno già prenotato per il prossimo anno. Diciamo, quindi, che le prenotazioni sono slittate solo di un anno. Per fortuna, si sta muovendo il mercato degli italiani, soprattutto delle regioni del nord, e con ogni probabilità verranno a fare un po’ di vacanze nelle nostre ville, tutte pronte ad accogliere i turisti in assoluta sicurezza dal punto di vista sanitario».
In questa situazione, rimanderà a tempi migliori nuovi investimenti sul territorio?
«Guardi, io non cambio la mia idea. Certamente, in America continuo ad acquistare terreni e a costruire nuovi alberghi. Sto pensando di vendere le mie attività in giro per l’Europa e di orientare tutto qui in Puglia, forse in un modo un po’ diverso in futuro. Qui ho diverse masserie i cui lavori sono ancora in corso, poi a Lecce ho anche un altro progetto in centro ma è ancora presto per parlarne considerato che è necessario approfondire il discorso sia con il comune che con il venditore. Poi, per la prima volta, sto pensando di fare degli investimenti anche nella zona di Taranto. Come può notare, io non mi fermo mai».
Chi rischia di fermarsi invece è il calcio: qual è la sua opinione?
«Oddio, pensare di giocare le ultime dodici partite senza la presenza del pubblico sugli spalti mi sembra davvero poco interessante. Per questo, io avrei chiuso la stagione qua e mi sarei concentrato sulla ripartenza in condizioni di sicurezza migliori rispetto a quelle attuali. So bene però che il rapporto tra gli italiani e il calcio è come un amore romantico e maniacale. Mi piace citare Winston Churchill: “Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. Ripeto, io avrei fermato tutto dopodiché mi rendo conto che ci sono troppi interessi economici in ballo, le situazioni delle società sono molto diverse. Quella del Lecce, grazie a Dio, è buona: la società è sana nonostante gli investimenti fatti nella scorsa stagione. Però non abbiamo fatto follie e soprattutto non ci siamo indebitati. Arrivati in serie A, ci siamo organizzati meglio con un settore finanziario più forte. A fine stagione, siamo tutti d’accordo sul fatto di migliorare ulteriormente la struttura della società per il futuro, qualsiasi sia il risultato sportivo».
Partendo da dove?
«Partendo dal fatto che, se non si gioca, il Lecce resta in serie A altrimenti proveremo a conquistare la salvezza sul campo. In tutti i casi, l’obiettivo è cercare di portare eventuali perdite più vicino possibile allo zero anche se, va detto, ci sono delle variabili legate ad esempio agli introiti derivanti da diritti tv, Lega e sponsor che, in alcuni casi, potrebbero venir meno. La situazione è abbastanza complessa ma Saverio Sticchi Damiani la sta gestendo davvero molto bene e confido nel suo lavoro».
Dottor De Picciotto, cosa intende per società da ristrutturare?
«Io ho detto la mia. Vorrei una società ancora più organizzata e con ambizioni in linea con la misura della città. Lecce ha circa 100 mila abitanti e qui non si possono fare miracoli anche perché non ci sono tanti denari disponibili. Quest’anno con la promozione in serie A siamo riusciti a mettere a posto lo stadio, rendendolo un tantino più confortevole, a fronte di una spesa di circa 5 milioni di euro, a carico nostro. Ora ci rimane da sistemare la tribuna Est e in questo caso ci vorranno altri due, tre milioni. Purtroppo, siamo soli a farlo. Speriamo di firmare quanto prima la convenzione con il Comune di Lecce che ci darà la possibilità di gestire altri eventi. Diciamo che i progetti ci sono e sono pure importanti, ora bisogna capire quale sarà la nostra categoria nella stagione sportiva 2020-2021».
Alla permanenza del Lecce in serie A è legato anche il progetto di costruire un centro sportivo di proprietà?
«Io sono favorevole a tutte le iniziative rivolte al futuro e ai giovani anche perché non penso che come gruppo societario abbiamo la forza economica per commettere passi falsi. Il Lecce non può sperperare i suoi soldi, si può fare tutto ma sempre ragionevolmente e contando sui mezzi finanziari a disposizione. Dando, secondo me, priorità ai giovani inseriti in un gruppo con un po’ di anziani. Non ci appartiene il grande colpo da mettere a segno in chiusura di mercato. I rapporti con gli altri soci? Continuano ad essere molto buoni, con tutti. Ciò non toglie però che Saverio Sticchi Damiani è il più attivo del gruppo, fa tante cose e le fa anche bene. Io cerco di dargli una mano, gli do alcuni consigli soprattutto su quelli che sono gli aspetti aziendali del club. Anche gli altri soci fanno la loro parte».
Cosa vuol dire ai tifosi?
«Dico una cosa molto semplice. Mi ha colpito il calore di questa tifoseria, i supporter hanno sempre sostenuto la squadra e la società. Mi auguro continuino così. Io francamente ricordo ancora il giorno in cui, battendo lo Spezia, abbiamo festeggiato la promozione in serie A. Per la prima volta sono sceso sul terreno di gioco e mi sono emozionato moltissimo quando sono arrivato sotto la curva nord. È stata una sensazione che non avevo mai provato prima».

 
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