Corini è arrivato a Lecce, chi è il nuovo allenatore giallorosso

Corini è arrivato a Lecce, chi è il nuovo allenatore giallorosso
di Liberato CASOLE
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Sabato 22 Agosto 2020, 18:15 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 10:34
E' arrivato nel Salento, all'aeroporto di Brindisi, Eugenio Corini. Il nuovo allenatore giallorosso sostituisce in panchina Fabio Liverani.

Corini, il predestinato
​Il gioco era organizzato, compatto, scolastico ma offensivo. E passava sempre dai suoi piedi. La tecnica sopraffina, di cui era dotato, lo aiutava molto a dirigere la manovra: ritmo, velocità, verticalizzazioni, spesso senza guardare. Perché gli esterni erano stantuffi, garantivano le due fasi e sapevano già in anticipo dove sarebbe arrivato il pallone partito dal suo destro. Questo era Eugenio Corini in mezzo al campo. Storie di vent’anni fa e di un Chievo Verona primo in classifica che col 4-4-2 italiano, ma non troppo, stupiva nel campionato di serie A.

Di quella squadra guidata da Delneri, Corini, da giovedì nuovo tecnico del Lecce, era il centrocampista del “tu” al pallone, che guidava compagni che si facevano guidare, che aveva estro e visione, designato anche per punizioni e rigori. Di fatto un allenatore in campo. Forse anche per questo il passaggio in panchina è stato quasi naturale. Una transizione concretizzatasi tra il 2009 (ultimo anno da calciatore nel Torino) e il 2010 quando il Crotone, in B, puntò su di lui appena reduce dalla parentesi col Portogruaro. «È un allenatore che vuole arrivare e si vede», pronosticò allora nel presentarlo Peppe Ursino, il “Corvino di Calabria” per rendere l’idea. Nella terra di Pitagora l’esperienza non andò bene, meglio l’anno successivo sulla panchina del Frosinone in serie C pur non centrando i play-off.

Sono stagioni in cui Corini comincia a comparare le esperienze di uomo-squadra con quelle in panchina, scegliendo senza esitazioni il 4-3-1-2 quale modulo base della sua vita da allenatore, da modellare secondo gli interpreti in 4-3-2-1. La grande chance, la serie A, arriva nel 2012 quando ad ottobre lo chiama proprio il Chievo. È l’occasione della vita, da non mancare. Il tecnico se la gioca puntando sul suo modulo preferito, col trequartista: stesso equilibrio del 4-4-2 di Delneri, simili verticalizzazioni e, in più, un pizzico di fantasia. Perché, in fondo, lui era un centrocampista capace dell’apertura in qualsiasi istante, del tocco smarcante per il compagno, del repentino cambio di gioco di 60 metri. Imprevedibilità. Un po’ con Hetemaj, un po’ con Birsa dietro le punte. Qualità che il suo Chievo riesce a tradurre in campo, che fruttano due salvezze di fila, pur subentrando sempre a stagione in corso, e che gli valgono la riconferma. Anche se la terza avventura finisce con largo anticipo.

«Io voglio fare l’allenatore e sono pronto ad aspettare», disse ad inizio carriera. Così dopo le altalenanti fortune con Palermo e Novara ecco il Brescia, sempre in B. Per lui, nato a Bagnolo Mella, paese della provincia di tredicimila anime, è un ritorno a casa. E a casa dà il meglio di sé. Piazza il brevilineo Spalek, buona tecnica, dietro le punte, sfrutta Tonali in mediana e la coppia Torregrossa-Donnarumma in avanti. Il risultato è il primo posto in classifica con il miglior attacco e una difesa comunque esposta ai gol avversari. Una tendenza negativa, questa, ingigantitasi nell’ultimo torneo di A delle “rondinelle”. Ma si sa, se attacchi ti esponi. Sotto tale aspetto similitudini con gli equilibri del recente Lecce non mancano. Come non mancano le note incoraggianti di un’offerta di calcio propositivo, di un’idea consolidata da portare avanti. Anche a Lecce. Con i giusti interpreti.
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