Fefè, il suo Salento e la pallavolo scelta per il divieto di giocare a calcio. Dieci anni fa diceva: «Sogno l'Italia da coach»

Fefè, il suo Salento e la pallavolo scelta per il divieto di giocare a calcio. Dieci anni fa diceva: «Sogno l'Italia da coach»
di Giuseppe ANDRIANI
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Lunedì 12 Settembre 2022, 13:52 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:06

«Da ragazzino mi piaceva fare sport, qualsiasi sport, ma ero attratto dal calcio. Frequentavo la scuola media, poi a pomeriggio andare a giocare era il mio primo pensiero. A 12-13 anni facevo parte degli allievi dello Squinzano, in campo davo il massimo ed ero anche apprezzato, purtroppo i risultati scolastici lasciavano a desiderare». Ecco perché Fefè De Giorgi, l'eroe dei tre mondi, il commissario tecnico della nazionale italiana campione del mondo, si è avvicinato alla pallavolo. Da giocatore ha vinto tre mondiali, da allenatore ha appena replicato. Così raccontava il suo amore per il volley in un'intervista a Quotidiano del 2011 (di Adelmo Gaetani). I suoi genitori gli hanno proibito il calcio e allora? «Lo sport non volevo abbandonarlo, visto che mi era stato proibito di toccare il pallone con i piedi, feci un rapido ragionamento e decisi di avvicinarmi alla pallavolo, così avrei potuto usare il pallone, anche se dovevo toccarlo con le mani». 

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L'handicap dell'altezza

E poi c'era l'handicap dell'altezza.

Come raccontava lui stesso. «Guardi, io avevo l'handicap dell'altezza. Tutti dicevano, e a me dava un maledetto fastidio: peccato se avesse 5 centimetri in più. Ma i miei centimetri erano 178 e non c'era modo di aumentarli. Ho dovuto sopperire a questo limite lavorando con determinazione, sviluppando altre caratteristiche, altre qualità, altri valori, non solo fisici e tecnici, ma anche psicologici e di gestione mentale. Così sono riuscito a conquistare i miei spazi nel difficile mondo del volley».

Il suo Salento

In un'intervista realizzata alla vigilia del debutto al Mondiale, invece, ha raccontato il suo Salento, il periodo trascorso a Squinzano. «Ho fatto il carico di emozioni. Ho fatto le mie passeggiate, i miei caffè, i miei pasticciotti, le mangiate di pesci. Ho fatto in modo da ricaricare le pile. Sono molto legato al Salento, è la mia terra, e per me è sempre fonte di ispirazione. È stato importante poter tornare a casa per qualche giorno. Anche la famiglia è importante, questo lavoro impone molti sacrifici dal punto di vista degli affetti, quindi passare un po’ di tempo a casa mi ha fatto davvero bene».

Il sogno azzurro

Già dieci anni fa De Giorgi sognava di guidare la Nazionale italiana. «Sogno? Se devo essere sincero, è il mio obiettivo. Bisogna farsi trovare pronti e da parte mia sto lavorando con l'impegno di sempre. Il movimento pallavolistico italiano, che resta importante, dopo anni straordinari attraversa un momento difficile, con risultati alterni. Si tratta di ricostruire la Nazionale e per farlo serve tanto lavoro. Ma le basi su cui avviare la ricostruzione ci sono e sono solide». Lui aveva un sogno: allenare l'Italia. Maradona ne aveva due: giocare un Mondiale e vincerlo. Fefè ha realizzato anche i sogni del più grande calciatore di sempre. E adesso chi ha il coraggio di dire che non è all'altezza?

La pagina con l'intervista a De Giorgi nel 2011 (a cura di Adelmo Gaetani)

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