Benedetta Pilato, l’oro di Taranto. D'Onghia: «Visto? Le serviva solo tempo»

Benedetta Pilato, l’oro di Taranto. D'Onghia: «Visto? Le serviva solo tempo»
di Giuseppe ANDRIANI
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Mercoledì 22 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:04

«Chi l’avrebbe potuto immaginare?». Ieri mattina Vito D’Onghia, l’allenatore di Benedetta Pilato da quando lei aveva quattro anni, è andato a lavorare in Asl a Taranto un po’ come sempre. Fa il coach “per hobby”, sembra voler dire. Per hobby, sarebbe il caso di ricordargli, ha costruito la nuotatrice italiana più forte del momento e secondo qualcuno persino l’erede di Federica Pellegrini. Oro mondiale a 17 anni, non c’era riuscita neppure la divina. «Noi siamo passati - racconta D’Onghia - dal dover preparare i 100 perché i 50 metri non sono disciplina olimpica a vincere la medaglia d’oro ai mondiali. Sembrava impossibile...».  Quella di Benny, la 17enne con una passione per gli animali (possiede un pappagallo) e per le unghie colorate, è una favola che non conosce fretta, fughe in avanti. Lei fa tutto con la naturalezza di sempre. «Io al mattino vado a scuola, per questo a volte nelle batterie nuoto peggio», ha spiegato qualche giorno fa. Acqua e sapone, con quel sorriso che ha perso soltanto per le lacrime di gioia lunedì sera, quando per i singhiozzi non riuscita neppure a rispondere. Prima al mondo nei 100 rana, sembrava impossibile. «E invece l’ha fatto - risponde D’Onghia -. Questo è sinonimo di grande carattere, grande determinazione, grande cuore. La sua testa funziona quanto il suo corpo».

L'oro mondiale nei 100 rana

Alle Olimpiadi di Tokyo non andò oltre le batterie, ha dovuto lavorarci tanto. Ma qui Vito sbotta, diretto come sempre: «Ha 17 anni, non ha dovuto lavorare tanto, sta facendo il suo percorso. La domanda la farei a chi chiedeva di anticipare i tempi: perché a 14 anni doveva essere già pronta per una gara che non sentiva ancora sua? Lo dico da sempre: le serve tempo. E il tempo ci sta dando ragione. Noi abbiamo sempre lavorato su questa misura, la fa da quando era bambina, nei campionati regionali spesso non c’erano i 50 metri, pensate un po’...». Chi se lo sarebbe potuto aspettare? Ha fatto un capolavoro Benedetta, perché sulla strategia sì che ha dovuto lavorarci a lungo. «Bisogna dosare le forze.

E vince chi riesce a gestirle meglio. Noi su questo abbiamo lavorato a lungo, questa gara finisce ai 100, non ai 50. Lei avrebbe potuto anche nuotare in modo da essere in testa alla virata, ma poi non avrebbe toccato per prima alla fine. Dovevamo calibrare l’andata e così è stato. C’è stata tanta preparazione, sia sulla gestione del passaggio che sul ritorno». 

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Bis? Vito non glielo chiede, o almeno così dice. Ma oggi parte per Budapest con i genitori di Benny, perché è questa la sua gara. «Senza correre, lei deve continuare a divertirsi e lo sta facendo. Quando si diverte è capace di fare tutto. Noi non le chiediamo il bis, ma solo di continuare a divertirsi. È questo il mezzo per continuare a raggiungere i risultati. Non ci siamo mai posti obiettivi legati ai risultati ma sempre legati al morale: dev’essere felice, serena, deve gestire bene la sua vita con la scuola. Se le mettiamo pressione adesso, nuoterà per altri 3-4 anni e noi non vogliamo questo».  Benny si diverte e soprattutto ha scelto di vivere a Taranto. L’oro mondiale è costruito nella città dei due mari (mica per caso), tra qualche difficoltà logistica e l’inestimabile valore del vivere a casa propria. «È proprio così. Il periodo più buio della sua carriera, se così vogliamo chiamarlo, è stato caratterizzato da grandi viaggi. Da gennaio a oggi è stata a Taranto, abbiamo costruito tutto questo nella nostra città, allenandoci alla piscina Meridiana e due volte a settimana al Cus a Bari. La quotidianità, lo stare bene a casa, la aiuta a raggiungere i risultati e da gennaio abbiamo cambiato marcia, con i Criteria, gli Assoluti e questi fantastici Mondiali. Si è visto». Orgoglio italiano, orgoglio pugliese e tarantino. Mica per modo di dire. 

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