Roma verso il Feyenoord ma Mou pensa al Torino: «Fuori dall'Europa? Non è impossibile»

Roma verso il Feyenoord ma Mou pensa al Torino: «Fuori dall'Europa? Non è impossibile»
Roma verso il Feyenoord ma Mou pensa al Torino: «Fuori dall'Europa? Non è impossibile»
di Francesco Balzani
7 Minuti di Lettura
Mercoledì 18 Maggio 2022, 14:57 - Ultimo aggiornamento: 16:18

Con un giorno di anticipo ecco le parole di Josè Mourinho in conferenza stampa nella settimana calda che porta al Torino e soprattutto alla finale di Conference col Feyenoord che potrebbe vedere a sorpresa l'assenza di Smalling.

Ripartiamo dall'aspetto emozionale. Dopo quello che ha visto all'Olimpico se la sentirebbe di fare un percorso come quello di Ferguson al Manchester United? 

«Ferguson è stato 20 anni, io per arrivarci dovrei arrivare a 79 anni... Sarà dura, magari fino a 70 ma a 79 sarà difficile. Mi piace essere qui alla Roma, è visibile, si sente, ho accettato un certo profilo di un progetto che dura 3 anni. Dopo vedremo che profilo avrà dopo questi 3 anni. Penso di restare qui questi 3 anni, non sto tantomeno pensando a partire prima di questi 3 anni. Poi vedremo che direzione prenderà, a volte i progetti si avvicinano alle aspettative o si allontanano. Nel calcio conta l'oggi o al massimo il domani. Voglio restare qui anche la prossima stagione, è il modo più obiettivo che trovo per rispondere».


Indipendentemente dalla finale cosa si sente di aver già vinto qui a Roma? 

«Difficile fare un bilancio ora, domanda complicata. Non voglio rispondere».

C’è grande entusiasmo a Tirana per l'arrivo della Roma e per il suo arrivo. Ci sono anche problematiche però perché lo stadio è piccolo. Kumbulla ritorna a casa e i tifosi albanesi si aspettano di vederlo in campo, sarà così? 

«Quello che mi aspetto dai tifosi albanesi, che con o senza Kumbulla, tifino per la Roma e non per il Feyenoord. Se tifi Roma, lo fai anche se non gioca Kumbulla. Se la Roma vince la coppa, c’è un albanese che vince la coppa, questo secondo me è più che sufficiente per un tifoso albanese per essere vicino alla Roma. C’è una squadra che gioca una finale venerdì e poi un’altra ancora e una squadra che invece si sta riposando. La finale in Albania è un grande piacere, doppio perché è uno dei pochi paesi in Europa dove non ho mai giocato. Ho anche qualche importante amico a Tirana e in Albania come Paese. L’unico problema è lo stadio, se fosse stato da 50mila o da 70mila sarebbe lo stesso piccolo.

Se questa partita si giocasse al Bernabeu sarebbe pieno. Ho giocato una supercoppa europea in Macedonia del Nord, è stato un fantastico evento per loro. Una finale di Europa League a Stoccolma, ci sono paesi che per la loro passione per il calcio meritano questa opportunità, dispiace per i tifosi della Roma. Sarà ancora più bello se Kumbulla alzerà la coppa”.

Lei e Ancelotti siete finalisti in Uefa. Qualcuno vi ha dato per morti troppo presto? 

«Penso che il problema con Carlo è che se alleni l’Everton non vince la Champions. Con me invece qualcuno si aspettava di vincere e non è stato così. Non mi sono mai preoccupato di questo, non penso alle nuove generazioni, penso alla qualità e la qualità non ha nulla a che vedere con l’età, come con i giocatori. Ci sono giocatori bravi a 20 o a 40 anni. Il gol che Quagliarella fa a 40 anni, mi piacerebbe che lo facesse qualcuno dei miei che ne ha 20. Negli allenatori non c’è età, c’è passione e se manca sei finito. Quando non senti la pressione prima di queste partite, significa che sei finito. Mi conosco molto bene e conosco Carlo abbastanza bene. Siamo noi a decidere di dire basta, se qualcuno aspetta questo, dovrà aspettare per molto tempo perché non succederà presto».

C’è questa attesa e fibrillazione che è una cosa bella perché non respirava da tanto. C’è ancora una giornata di campionato e c’è una finale, non riterrebbe beffardo se gli incastri andassero male e la Roma rimanesse fuori dall’Europa? Se questo avvenisse, la stagione sarebbe positiva?

«Questo rischio esiste, non possiamo dire che è uno scenario impossibile. Ci sono due finali da giocare e ipoteticamente si possono perdere entrambe e finire fuori dall’Europa. I giocatori e io lo sappiamo, non è una situazione facile da gestire. Sono capace di pensare solo a venerdì infatti non sono contento di essere qui oggi a parlare per voi italiani e per i giornalisti stranieri in un giorno dedicato alla finale di mercoledì. Non sono contento di fare un allenamento che non lo era perché era aperto e non potevo fare nulla di tattico. È stato un allenamento finto per voi. Non sono felice di questo. C’è gente che pensa di dimenticare venerdì, per far riposare tutti e andare a Tirana al meglio. Ci sarà gente che invece pensa che mercoledì sarà una finale 50 e 50 e che quindi dobbiamo giocarci tutto venerdì perché se si vince si va in Europa League. C’è chi pensa una via di mezzo. Se mi chiedi quale è il mio pensiero, per me è tutto venerdì. Il problema è che non posso essere solo io a pensarlo. I giocatori devono pensare lo stesso, il dipartimento medico, i miei assistenti. Se guardi l’allenamento, non abbiamo nascosto nessun giocatore. Non c’era nessuno al 100% della condizione che non si è allenato per farvi pensare che non ci sarà venerdì. Chi non c’era in questo momento non è disponibile per venerdì. Sarebbe più facile essere già qualificato o addirittura già fuori dalla corsa ai posti europei. Io penso a venerdì».

Ritiene di essere uno spot per questa coppa con la sua caratura internazionale? La situazione di Micky e Zaniolo? 

«Mkhitaryan ha avuto quell'infortunio contro il Leicester, ha bisogno di tempo. Non ha ancora fatto nessun allenamento con la squadra, non ci sono possibilità di averlo venerdì e poche per averlo mercoledì. Zaniolo poche possibilità di averlo venerdì, più di averlo per la finale. Se riesce a recuperare per venerdì giocherà, senza pensare alla finale. Smalling è infortunato, 0% di possibilità di vederlo venerdì e in dubbio per mercoledì. Karsdorp è quello più vicino al recupero ma è ancora in dubbio. Mi sono emozionato per la finale, non per me, pensavo più alla gente e ai giocatori, meno a me stesso. Voglio la finale per me stesso ovviamente, ma è più importante per la gente che non vive un momento così da tanto tempo. Per i giocatori che fanno un primo passo verso una carriera bella e vincente. Sono meno egocentrico e più un uomo del gruppo e della gente. MI piacerebbe vincere per loro. Quando si fa qualcosa di nuovo c’è sempre qualche scettico e la gente che rischia ha bisogno di aiuto. È una nuova competizione che quando è iniziata, la gente ha visto i playoff dove ha visto squadre di molti paesi senza vedere le squadre spagnole, inglesi e tedesche. Ha pensato che fosse una competizione inferiore. Bisogna che le squadre più importanti della competizione la prendano sul serio sennò se vai fuori, arriveranno in semifinale e finale squadre senza espressione e la competizione, che è un'idea brillante, diventa un disastro. Il Velodrome era pieno, l’Olimpico, a Leicester, sempre pieni gli stadi. È diventata importante perché noi abbiamo aiutato la Uefa a farla diventare tale. L’anno prossimo la gente guarderà la Conference con altri occhi».

Nota differenze tra Roma e le altre piazze prima di una finale?

«Sì, si fa più fatica a far concentrare la gente alla gara contro il Torino, prima che alla finale. Sento un'euforia generale che non aiuta a concentrarsi a una gara importante. Confesso che non è facile, abbiamo cercato di fare di tutto anche con Pinto per strutturare tutto al meglio. Questa è una cosa che si sente anche per la strada, la gente non ti sprona per Torino. Ciò nasce dalla gioia di giocarsi una finale, ma la priorità per me è venerdì. Quello che mi da un po' di sfrustrazione è che ci meritavamo di essere quinti con una distanza notevole. Tra arbitri, errori nostri ed errori noi non ci siamo. Venerdì c'è da giocare una gara in modo serio».

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