Federico Buffa: «Europei, la formula è da bocciare. Final Four a Wembley? Vince la politica»

Federico Buffa durante uno dei suoi lavori
Federico Buffa durante uno dei suoi lavori
di Piergiorgio Bruni
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Mercoledì 30 Giugno 2021, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 08:50

È il miglior narratore sportivo italiano. Federico Buffa è un uomo che accende non soltanto la passione, ma anche il genio. I suoi racconti vanno dritti al cuore e riescono ad attivare tutti i sensi.
Giornalista, scrittore, telecronista sportivo, anchorman, attore di teatro: tante vite assieme, sottilmente intrecciate e meravigliosamente emozionanti. Dove l’una, quasi per magia, non esclude mai le altre.
È un simbolo di Sky e, proprio in questi giorni, è in programmazione il suo ultimo lavoro: “van Basten '88, il gol più bello”.

Quello contro Dasaev è stato davvero il più bello mai segnato agli Europei di calcio?
«Tra quelli che ho visto coi miei occhi, direi proprio di sì. Sublime».

Federico, com’era van Basten dietro le quinte della vita?
«Un uomo apparentemente freddo, ma dotato di grandi slanci d’amicizia. E questa caratteristica la raccontiamo attraverso la figura di Rik Testa La Muta: la persona che, nel momento di maggiore difficoltà professionale, lo sostiene e tiene dentro moralmente».

Pelé O REI, i diavoli di Zonderwater, van Basten ’88: oltre allo sport parlano anche di dolore, fame, privazione di libertà, amicizia e riscatto. Quanto sono attuali?
«Sono uno spaccato del nostro mondo. Proprio perché rappresentano storie senza tempo hanno trascorsi antropologici di rilievo e sono comunemente identificabili».

Dove sta la loro grandezza?
«Nella resilienza. Un termine anglosassone, ormai divenuto comune anche dalle nostre parti, che sta a indicare quell’innata capacità di trovare risorse dove non sembrerebbero esserci».

Che Europei stiamo vivendo?
«Non sono molto convinto della formula: dà dei vantaggi esagerati a chi può giocare in casa. È stata una scelta inclusiva soltanto in apparenza: ribalta il concetto di equità competitiva».

Qual è la storia da raccontare?
«Quella dello scudo umano che i giocatori danesi hanno fatto col loro numero 10 (Eriksen, ndr) quando si è sentito male. Si pensa alle popolazioni del Nord Europa, immaginandole apparentemente fredde, e invece hanno un concetto di solidarietà straordinario».

E quella più complicata da narrare?
«Dove sei emotivamente coinvolto. Ad esempio, ho fatto molta fatica a raccontare Paolo Maldini».

Che cosa deve contenere una storia per affascinare Federico Buffa?
«Una forte componente umana. È la priorità. In generale, comunque, non mi piacciono le storie flash, ma quelle che hanno un inizio e una fine».

Vista la situazione pandemica, corretto programmare la Final Four a Wembley davanti a 60mila spettatori?
«Mi sembra tutto fuorviante, specialmente perché nessuno può opporsi al concetto di emergenza.

Le ragioni del business superano quelle della logica. È dalle Olimpiadi del 1936 (organizzate a Berlino dalla Germania nazista, ndr) che il mondo politico si è appropriato dello sport per ragioni alternative».

Black Lives Matter: giusto o sbagliato inginocchiarsi?
«È sbagliato il principio, tutto deriva da lì. Resto sempre molto interdetto davanti al fatto che si prenda in esame il simbolo senza, però, guardare alla storia. Il mondo dello sport che cosa fa di concreto contro il razzismo? È tutto formale, non sostanziale».

L’apparenza, quindi, inganna?
«Non mi interessa che s’inginocchino perché è una liturgia che non porta a nulla. Alla fine, purtroppo, se serve, non sospendono le gare e non squalificano i giocatori».

Perché il progetto Superlega è fallito?
«Perché è stata comunicata male e hanno scelto il momento sbagliato. Con le stagioni in corso è sembrato un colpo di stato. Dall’altra parte, però, resta il principio che in nessun luogo della Terra si possano rimandare al mittente 3 miliardi di euro».

È soltanto rinviata?
«In futuro, anche nell’Europa del calcio, immagino un meccanismo che riesca a tutelare sia il merito sportivo, sia il lignaggio di una squadra».

Tra poco meno di 1 mese ci saranno i Giochi Olimpici a Tokyo: giusto disputarli nonostante i cittadini siano contrari?
«Gli abitanti del posto sono forse tra le popolazioni più germofobe del pianeta. Altrove, probabilmente, si sarebbero fatti meno problemi, ma non si possono rimandare. Per motivi sportivi ed economici».

Con un’edizione così blindata, si perde lo spirito olimpico?
«Quello si è perso tanti anni fa (ride, ndr): più o meno dall'edizione del 1936».

Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio: oltre a essere un grande comunicatore, Mourinho è ancora un top manager?
«La Roma ha preso un uomo che capisce perfettamente i tempi con cui si difende un club: non è un semplice allenatore, ma un guardiano della fede. Conosce i meccanismi che girano attorno a un club ed è straordinario nel gestire questo aspetto. È una figura che attrae giocatori non ancora vincenti perché vanno da uno che invece ha vinto tutto».

Chi vincerà l’anello in NBA?
«È stata una stagione pazzesca, in cui è stato chiesto uno sforzo incredibile agli atleti. Tutto dipenderà soprattutto dagli infortuni e non dai valori assoluti delle squadre».

Si può fare un nome?
«Sarà come una gara di ballo della durata di 24 ore: chi, alla fine, resterà in piedi vincerà il titolo (ride, ndr)».

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