Sei Nazioni, l'Italia cede di misura alla super Irlanda 16-26

Sei Nazioni, l'Italia cede di misura alla super Irlanda 16-26
di Paolo Ricci Bitti
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Domenica 24 Febbraio 2019, 10:12 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 12:18

Dovevamo fare da sparring partner all'invincibile Irlanda e invece la seconda squadra al mondo ha avuto persino bisogno dell'arbitro Jackson per uscire vincente dall'Olimpico inondato di sole e invaso da almeno 50mila fedeli. E' finita 16-26 (2 mete a 4) ed è la ventesima sconfitta di fila dell'Italia nel Sei Nazioni, ma questa volta gli azzurri meritano fino all'ultimo degli applausi raccolti nel giro di campo: un tributo a una squadra che ha lottato giocando bene, a volte magnificamente, mettendo alle corde un avversario dal tasso tecnico mostruoso, in formazione tipo e con tutte le intenzioni di divorare fin dai primi minuti l'italia.

Macché: un fantastico, impensabile e soprattutto "tebaldesco"  primo tempo dell'Italia finisce 16-12 per gli azzurri davanti all'Irlanda seconda squadra al mondo che in realtà avrebbe dovuto trovarsi ben più sotto la marea italiana. Una delle due mete irlandesi è stata infatti regalata nel più fanciullesco e ingenuo degli errori su calcio di ripresa (nemmeno in prima elementare si commettono pasticci così), e poi all'Italia è stata negata una marcatura su fuga di Tebaldi ostacolato senza palla da Kearney nel modo più vistoso possibile meno che per l'arbitro neozelandese alle prime armi Jackson, intimorito dalle loro altezze irlandesi. 

Insomma, al the si poteva pure stare sul 18-7. Ma vabbeh. Trasformati come Clark Kent in Superman nella cabina del telefono grazie al rientro di un mediano di mischia di ruolo come Tebaldi, la manovra degli azzurri ha spesso annichilito le loro autorevolezze verdi. Non solo è tornato, Tito, ma ha sfoderato una prestazione mostruosa mettendo sulle ginocchia il rivale Murray, giusto il migliore del mondo. Calci a scavalcare, grubber, finte, palle rubate e soprattutto mai la stessa cosa di seguito: Tebaldi ha innervato l'Italia per tutto il primo tempo. Timonata a tutta velocità, la mischia ha macinato fasi e soprattutto ha rubato ben 3 touche alla torri di solito inespugnabiuli dell'Irlanda. Munizioni per le mete di Padiovani (terza meta in tre partite)al 33' e per quella, travolgente, di Morisi al 38'. Un capolavoro.  

La ripresa continua sulla falsariga del primo: equilibrio fra le due formazioni con anzi gli azzurri ancora assai incisivi in touche. Travolgente ed elegante Ruzza, efficace il capitano Ghiraldini, sicura la copertura dell'estremo Hayward. Senonché l'arbitro neozelandese Jackson, giovane che vuole carriera non certo con il sostegno dell'Italia, ha iniziato a fischiare a senso unico: ogni decisione dubbia diventava pro Irlanda e anche alcune di quelle lapalissiane per l'Italia venivanmo capovolte. Si è arrivati, solo nella ripresa, a 9 calci di punizione consecutivi per l'Irlanda.
Persino i tecnici dei verdi, che nel rugby siedono in tribuna proprio a fianco dei cronisti, hanno più fatto capire di non comprendere le decisioni di Jackson. E con tanti ringraziamenti. 
Poi non è che fenomeni come Sexton e Murray necessitino di tanti aiutini: così sono arrivate le due mete dell'Irlanda al 50' e al 66' che hanno capovolto il risultato, senza tuttavia mai mettere al sicuro il match visto che gli azzurri hanno continuato a crederci fino alla fine sfiorando per due volte la marcatura. In entrambi i casi un benefico penalty ha salvato gli irlandesi. Ma che giocate, che sventagliate dei trequarto con Campagnaro e Morisi, che affondi ancora di Tebaldi che è sembrato un ventenne quando di anni ne ha 31.
Sempre un ko resta di questa eterna serie di sconfitte nel Sei Nazioni, ma nessuno può parlare, dopo questo match, di presenza fuori luogo.

Marcatori. Italia: 2 m. Padovani 33' Morisi 38'; 2 c.p. Allan 19' 26'
Irlanda: 4 m. Roux 11'  20' Stockdale 50' Earls 66' Murray ; 1 tr. Sexton
 2 tr. Murray

Italia: Hayward; Padovani, Morisi, Campagnaro (72’ Castello), Esposito; Allan (74’ McKinley), Tebaldi; Steyn, Mbandà (43’ Zanni), Tuivaiti (51’ Sisi); Budd, Ruzza; Ferrari (51’ Pasquali), Ghiraldini (cap), Lovotti (60’ Traore’)
A disposizione non entrati: Bigi, Palazzani
All. O’Shea

Irlanda: Kearney; Earls, Farrell, Aki (12’ Conway), Stockdale; Sexton (cap) (77’ Carty), Murray (71’ Cooney); Murphy, O’Brein (58’ Van Der Flier), O’Mahony; Roux (58’ Henderson), Dillane (31’-38’ Henderson); Furlong (62’ Ryan), Cronin (47’-74’ Scannel), Kilcoyne (62’ McGrath)
All. Schmidt

Arbitro: Glen Jackson (NZL)


LA PRESENTAZIONE
Finora ci siamo solo scaldati: con la Scozia a casa sua e con il Galles a Roma in formazione sperimentale era facile perdere di poco. Adesso tocca a Irlanda, oggi alle 16 all'Olimpico (DMax dalle 15.15) e Inghilterra, sabato 8 marzo a Twickenham, ovvero le nazionali che davanti a loro hanno solo gli All Blacks. Che poi gli irlandesi li hanno pure battuti a novembre. Mettiamo le mani avanti? Sì, e anche i piedi, infallibili, di Johnny Sexton, 33 anni il mediano di apertura irlandese, il migliore del mondo: se parte titolare non perde mai grazie a drop micidiali e coraggio leonino nei placcaggi.

Le mani avanti anche perché agli allibratori non importa giustamente nulla che proprio l'Irlanda sia stata l'ultima squadra a cadere a Roma nel remoto 2013: di lì in poi solo legnate tanto che per oggi si scommette su uno scarto di 35 punti nella probabile ventesima sconfitta di fila degli azzurri nel Sei Nazioni. Epperò, nonostante queste cupe premesse, si perpetua di nuovo il fenomeno del Torneo con l'epifania di almeno 50mila fedeli nello stadione, fra i quali 10mila in maglia verde.

Con loro anche il vescovo ausiliare di Dublino, Eamonn Walsh e un numero variabile di cardinali e alti prelati irlandesi che vanno in curva, e non in tribuna Autorità, insieme ai colleghi pastori protestanti, perché anche in tempi di Brexit, per non ricordare i Troubles nordirlandesi degli anni Settanta, il culto del rugby continua a prevedere un'isola unita con un'unica nazionale: tutti insieme, da Belfast a Cork, oggi contro gli azzurri che pure da quest'anno alla fede saldissima nei loro mezzi hanno aggiunto quella di Cattolica Assicurazioni, sponsor della nazionale.  

Proprio Walsh - longilinea seconda linea che ha giocato a Roma negli anni '60 durante gli studi in Vaticano e amico di famiglia del ct azzurro O'Shea -  durante un pellegrinaggio dublinese, indicò il campetto di una scuola media in periferia in cui Sexton a 13 anni aveva fatto vincere il torneo cittadino al suo istituto con un drop a tempo scaduto. Indicò anche il negozio di parrucchiera di Clare, la madre di Johnny, che anche questa settimana ha fatto i capelli alla madre di O'Shea, tanto per dire che cosa significhi il match odierno per l'allenatore chiamato al timone dell'Italia proprio da quando l'Irlanda è diventata una potenza inavvicinabile.

Nel Sei Nazioni, lui che nel 1997 giocava per l'Irlanda che dagli azzurri le prendeva, non ne ha ancora vinta una, ma continua con coerenza a sfornare con quello che ha la miglior nazioonale possibile, mentre al tempo stesso sta riformando il movimento italiano come nessuno ha mai fatto prima, vedi la stagione impetuosa del Treviso che ieri ha mazzolato 57-7 i Dragons gallesi in Pro14: i frutti più maturi della semina di O'Shea li raccoglieranno i ct del futuro, ma per adesso strade diverse non ce ne sono.

Oggi gli mancano ingredienti-base come il talismano Parisse e gli arieti Negri e Polledri, oltre al gigante Sisi influenzato in panchina. Recupera almeno il mediano di mischia Tebaldi, e fa partire da subito il talentuoso Ruzza in seconda linea. Gradi da capitano al veterano Ghiraldini: «Vogliamo imporre il nostro rugby» dice convinto perché sa che ci metterà l'anima per riuscirci.
 

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