Tommassini: «Madonna, X-Factor e la "ricetta" del talento»

Luca Tommassini
Luca Tommassini
di Valeria BLANCO
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Venerdì 7 Luglio 2017, 12:55
Chi era adolescente negli anni ‘90, lo ricorda con orgoglio campanilistico come “il ballerino di Madonna”. Negli Usa tutti lo chiamavano “Luca the italian”, Luca l’italiano. Prima di diventare il direttore artistico di X-Factor e contribuire a far sbocciare i talenti di (tra gli altri) Lorenzo Fragola e Marco Mengoni, il ballerino e coreografo Luca Tommassini ha lavorato anche con Michael Jackson, Robbie Williams, Whitney Huston e Gery Halliwell. Negli anni ‘90 è stato tra i ballerini più attivi e apprezzati a livello mondiale, con il suo volto e il suo fisico scultoreo che comparivano sui palchi di tutto il mondo e in decine di videoclip che hanno fatto la storia della musica. Ecco perché Tommassini, figlio di una casalinga e un venditore d’auto, allievo di Enzo Paolo Turchi, oggi parla di talento - del suo e degli altri - nel libro autobiografico “Fattore T - L’inafferrabile scintilla del talento”, presentato ieri a Corigliano d’Otranto nell’ambito del Salento Book Fest. E lo fa con lo sguardo puro e infantile, l’entusiasmo di chi (come dice Mika sul suo conto) sembra essere sempre all’inizio della sua carriera.

Talento: come si riconosce?
«È una formula naturale e primitiva. Tutto ciò che mi emoziona è talento. Tutti ci insegnano formule e regole, invece il talento non ha formula: è istinto, coraggio (che non ho), follia».

Quanto contano il “sudore” e lo studio nel “risvegliare” un talento sopito?
«Il talento va cullato e protetto, ma è sbagliato contare solo su questo. Bisogna strutturarsi con studi continui: il cuore c’è sempre, ma il cervello deve fare da guida».

Come coltiva i talenti di X-Factor?
«Combatto contro la Tv che mi chiede di rinnovare X-Factor. Io porto in scena il talento di questi ragazzi, aspetto che sia il loro talento a suggerirmi la strada e cerco di portare in scena i loro mondi. Voglio essere il primo a far brillare la loro stella nel cielo». 

Ci sono degli artisti di X-Factor a cui si sente più legato?
«Mengoni, Chiara e Fragola mi hanno fatto fare dei viaggi bellissimi. Ma anche gli insuccessi mi hanno insegnato molto».

Nel suo libro parla anche di “cattivi maestri”. Come ci si difende da chi anziché liberare, vorrebbe sotterrare il talento?
«Cambiando. Cambiando maestro, cambiando scuola, cambiando frequentazioni. Delle volte la scelta vera è scegliere cosa non fare. Chi ti scoraggia, però, crea quell’insicurezza che a volte ti permette di porti dei dubbi e di fare ancora meglio. Perciò, ben vengano anche i maestri “sbagliati” che ti fanno capire come non essere».

Cosa c’è nel futuro di Luca Tommassini?
«Tanto cinema di grandi autori italiani come coreografo e direttore artistico, un musical. Poi sto lavorando sulla scrittura del mio primo film da regista: il cinema mi interessa moltissimo perché credo sia l’espressione massima e più completa per un artista. Il mio sogno è molto ambizioso».

Meritocrazia: crede siano state colmate le differenze tra l’Italia e gli Usa, dove lei ha avuto la possibilità di sfondare?
«Io sono dovuto andare all’estero per spiccare il volo. Poi sono tornato in Italia e sembrava che fossi un’altra persona, tutti mi cercavano. Ma io sono sempre lo stesso ballerino, sempre lo stesso essere umano. Ecco, in Italia si fa ancora fatica a riconoscere il talento di qualcuno che non ha un grande cognome».

Madonna, Prince, Whitney Huston, Michael Jackson: cosa le ha insegnato lavorare con artisti di questo calibro?
«Tutto quello che ho vissuto con loro me lo porto sempre dietro, anche le cose brutte. Madonna è sicuramente la più grande direttrice artistica al mondo, perfetta: e mentre ballavo con lei io facevo una scuola di direzione artistica osservando come costruiva i suoi video e le sue messe in scena. Ho imparato il valore dello stare in silenzio ad ascoltare. Con loro mi sono fatto spugna; oggi strizzando quella spugna esce qualche goccia di saggezza».
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