Valentina Pitzalis, la 27enne sfigurata dall'ex marito a Verissimo: «Ho bruciato per 20 minuti, speravo di morire»

Valentina Pitzalis, la 27enne sfigurata dall'ex marito a Verissimo: «Ho bruciato per 20 minuti, speravo di morire»
Valentina Pitzalis, la 27enne sfigurata dall'ex marito a Verissimo: «Ho bruciato per 20 minuti, speravo di morire»
di Emiliana Costa
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Sabato 21 Novembre 2020, 17:59 - Ultimo aggiornamento: 21:38

Su Leggo.it gli ultimi aggiornamenti. Valentina Pitzalis, il calvario della 27enne sfigurata dall'ex marito a Verissimo: «Ho bruciato per 20 minuti, speravo di morire». La donna coraggiosa, oggi 37enne, ha raccontato del dramma vissuto dieci anni fa, quando l'ex marito le ha gettato liquido infiammabile sul corpo per ucciderla.

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«La cosa più difficile - spiega Valentina Pitzalis - è stato perdere l'autosufficienza, mi hanno amputato la mano sinistra. I medici mi hanno salvato la mano destra. Ho subito una violenza inaudita dalla persona che credevo di amare. Avevo uno spirito indipendente, ero andata via dalla Sardegna per lavorare. A 27 ho avuto la vita stravolta. Ho subito per anni violenza psicologica, senza riconoscere i campanelli d'allarme. Manule mi ha isolato dai miei cari, non potevo parlare al cellulare, aveva una gelosia patologica. Metteva mobili fuori alla porta, così se di notte mi svegliavo e mi alzavo avrebbe sentito. Ha iniziato a usare psicofarmaci, sostanze, si è scollegato dalla realtà. Nonostante tutto, io gli volevo bene e lo aiutavo. Una sera mi chiama, io lo avevo lasciato ed ero già tornata a casa da un anno. Mi attira lì, mi getta del liquido infiammabile addosso e mi dà fuoco. Non ho mai perso i sensi, speravo di morire perché faceva troppo male. Ho bruciato per venti minuti. Battevo i piedi per attirare i vicini e hanno chiamato i soccorsi. I danni erano tanto profondi, i polmoni pieni di fumo».

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Silvia Toffanin allibita

Conclude Valentina Pitzalis: «Ho avuto la fortuna di sopravvivere. Ma mi hanno fatto sentire in colpa per non essermi chiusa in casa a piangere, invece ho scritto un libro. Lui è morto, ha pagato con la sua stessa vita quello che ha fatto. La sua famiglia mi ha accusato di induzione al suicidio, cercando di farmi apparire come carnefice. Hanno detto che avevo appiccato io l'incendio in cui io ho bruciato, ma il caso è stato archiviato perché era chiaro. Non ho più il naso, le orecchie, ma il sorriso non me lo toglieranno mai. Io pratico la felicità».

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