Donatella Finocchiaro su Netflix: «Nel film "Sulla stessa onda" racconto dolore e coraggio, pensando ai giovani di oggi»

Donatella Finocchiaro: «Nel film "Sulla stessa onda" racconto dolore e coraggio, pensando ai giovani di oggi»
Donatella Finocchiaro: «Nel film "Sulla stessa onda" racconto dolore e coraggio, pensando ai giovani di oggi»
di Michela Greco
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Martedì 23 Marzo 2021, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 09:14

Il sapore leggero dell’estate, la bellezza di un’isola siciliana, il senso di libertà dell’adolescenza e quello del vento che spinge le barche di un corso di vela per ragazzi. Il film Netflix (in associazione con Mediaset) Sulla stessa onda di Massimiliano Camaiti, in arrivo giovedì sulla piattaforma, propone la spensieratezza di un teen movie ma vira subito sul dramma, perché la protagonista Sara (Elvira Camarrone) deve fare i conti con l’affacciarsi di una malattia grave proprio mentre vive il suo primo amore (con Lorenzo/Christian Roberto). Donatella Finocchiaro interpreta la mamma di lei, un misto di coraggio e tenerezza.


Non c’è cosa più difficile per una madre, che affrontare la malattia dei figli. Come si è preparata?
«La difficoltà del mio personaggio stava proprio nel conciliare il suo dolore con la necessità di dare coraggio alla figlia. Per il mio background emotivo ho fatto riferimento alla malattia di mia madre: le sono stata vicina per 10 anni e so cosa significa occuparsi di una persona malata. Facevo finta che sarebbe andato tutto bene, quando poi invece tutto è crollato è stato il momento più brutto della mia vita».


Cosa le è piaciuto di questa storia?
«Credo che un film come questo, che parla d’amore, dia una grande speranza. È un Tempo delle mele dei nostri tempi che racconta la difficoltà dei ragazzi di fare la loro vita: in questo rispecchia il momento che stiamo vivendo.

Oggi siamo tutti di fronte alla paura della malattia e credo che sia importante ascoltare una storia che dà il coraggio di andare avanti».


Lei da mamma che preoccupazioni ha?
«Mia figlia fa la prima elementare e si ritrova a farla con la didattica a distanza, il che non è il massimo, ma comunque è ancora piccola. Credo invece che per gli adolescenti sia un incubo: sono arrabbiati. Lo sarei tantissimo anch’io se fossi privata della libertà, della scuola, della possibilità di uscire e fare le prime esperienze. Noi grandi ce la facciamo, abbiamo le spalle larghe, ma se penso ai ragazzi mi intristisco».


Lei com’era a quell’età?
«A 16 anni avevo la sensazione che la casa mi crollasse addosso, talmente mi sentivo oppressa e sentivo l’esigenza di uscire a tutti i costi. Per questo so che per gli adolescenti la situazione che stiamo vivendo è tremenda».
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