La Rai sospende i servizi dei sei giornalisti in Russia: «Non c'è sicurezza». Cronisti verso il rientro in Italia

La decisione dopo l'approvazione di una legge che prevede il carcere per chi diffonde notizie ritenute false dall'autorità. Anche il Tg5 e l'Ansa sospendono i servizi dalla Russia

Russia, la Rai decide di sospendere i servizi dei giornalisti sul posto (come la BBC)
Russia, la Rai decide di sospendere i servizi dei giornalisti sul posto (come la BBC)
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Sabato 5 Marzo 2022, 15:40 - Ultimo aggiornamento: 20:43

Come gli americani della Cnn e come gli inglesi della BBC, anche la Rai sospende i servizi dei corrispondenti dalla Russia.  La libertà di informazione è stata ulteriormente e duramente compromessa due giorni fa quando è stata approvata la legge che prevede forti pene detentive - fino a 15 anni di carcere - per la pubblicazione di notizie ritenute false dalle autorità. La legge entra in vigore oggi. Perciò la Rai - informa una nota - sospende i servizi giornalistici dei propri inviati e corrispondenti dalla Federazione Russa. Stessa decisione l'ha annunciata, per Mediaset, il Tg5. E anche l'Ansa ha bloccato il flusso di notizie dalla sede di Mosca, così come due dei principali media
pubblici spagnoli, la radio-televisione Rtve e l'agenzia di stampa Efe.

«La misura si rende necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell'informazione relativa al Paese - spiega la Rai -.

Le notizie su quanto accade nella Federazione Russa verranno per il momento fornite sulla base di una pluralità di fonti da giornalisti dell'Azienda in servizio in Paesi vicini e nelle redazioni centrali in Italia».

Marc Innaro, capo dell'ufficio di corrispondenza Rai di Mosca, sta organizzando il rientro di tutti gli inviati in Italia. «Siamo sei giornalisti - spiega Innaro all'Adnkronos - due corrispondenti, io e Sergio Paini, e quattro inviati che sono in giro per il Paese. Gli inviati, sulla base delle disposizioni Rai, devono rientrare in Italia, mentre noi corrispondenti possiamo scegliere se rimanere qui o tornare, ma siamo stati messi in ferie da oggi». 

Ieri, in seguito all'approvazione di una legge che prevede multe e carcere per chi diffonde fake news sul conflitto, la Bbc aveva deciso di ritirare i suoi giornalisti dalla Russia e riaprire le trasmissioni ad onde corte come ai tempi di Radio Londra. Anche l'emittente pubblica canadese Cbc/Radio-Canada aveva annunciato di aver temporaneamente sospeso il lavoro dei suoi giornalisti in Russia. Il Washington Post ha deciso di rimuovere dalle corrispondenze dei suoi giornalisti in Russia i nomi degli autori, il luogo e la data per assicurare la sicurezza del suo personale.

Ieri il direttore di BBC News aveva motivato la scelta di sospendere le corrispondenze dalla Russia perché la nuova legge rappresenta unba minaccia. Jonathan Munro ha detto che la categoria ha la «responsabilità verso il pubblico di riferire sulla storia in Ucraina, ma ha anche una responsabilità per la sicurezza del personale nell'ufficio di Mosca». Ha aggiunto poi che BBC News in russo sarà ancora prodotto esternamente, fuori dal Paese, e che spera che questo sia solo una decisione temporanea. 

Anche il Tg5 verso il ritiro dell'inviato - «Anche noi giocoforza ritireremo l'inviato dalla Russia. Le norme sono talmente punitive che non si può fare nulla». Così il direttore del Tg5, Clemente Mimun, annuncia all'Adnkronos il ritiro dell'inviato della testata in Russia dopo l'approvazione da parte della Duma, il parlamento di Mosca, della legge che punisce i cronisti. «Per lavorare in Russia i giornalisti devono avere un permesso. Io non ho corrispondenti ma un inviato ancora senza permesso. Adesso però, costretti da queste nuove regole, lo faremo tornare». «La Russia sta perdendo su più fronti - aggiunge il direttore del Tg5 - perché sul terreno in Ucraina sta incontrando più difficoltà di quanto immaginasse, sul piano economico ha già perso 300 miliardi di euro, e su quello dei media Putin, che non è uno sprovveduto, sa quanto conti l'informazione e quindi pone limitazioni. Io credo che alla fine di questa guerra il Tribunale dei diritti umani avrà molto da lavorare e credo pure che non tutti i russi sappiano quello che il loro governo sta combinando. Del resto, anche in Ucraina le cose non vanno diversamente per i giornalisti: gli ucraini - spiega - sono sospettosi perché temono le spie russe, e i soldati russi non vanno molto per il sottile con i reporter. Dopo gli anni di Mani Pulite in cui la notorietà era legata alla quantità di verbali che si ricevevano dalla Procura, e dopo il Covid che veniva raccontato attraverso le conferenze stampa e la politica vaccinale, adesso - conclude Mimun - con la guerra l'attenzione si focalizza sul racconto degli inviati, che però si fa sempre più difficile, quando non impossibile, con le limitazioni russe».

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