Verissimo, il campione olimpico Luigi Busà: «Mio padre ha sempre creduto in me, anche se ero cicciottello»

Da piccolo veniva bullizzato dai suoi coetanei perchè in carne, ora è un campione olimpico: Busà racconta la sua infanzia e il rapporto con la famiglia
Da piccolo veniva bullizzato dai suoi coetanei perchè in carne, ora è un campione olimpico: Busà racconta la sua infanzia e il rapporto con la famiglia
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Sabato 25 Settembre 2021, 19:01 - Ultimo aggiornamento: 19:08

Luigi Busà, medaglia d'oro di karate alle Olimpiadi di Tokyo, è stato ospite a Verissimo, il programma di Canale 5 condotto da Silvia Toffanin, dove ha parlato del rapporto col padre, nonchè suo maestro. 

«Il mio oro olimpico è molto più di una medaglia: quando ho urlato mamma e papà ce l’ho fatta, era l’urlo di un bambino in carne, che per anni è stato poco adatto allo sport. Non potevo desiderare papà migliore, famiglia milgiore».

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Meritevole di aver scritto una nuova pagina di storia italiana per aver trionfato nella prima edizione delle Olimpiadi aperta al karate e, in soprattutto, nella terra natìa di questo sport, Busà è originario di Avola (Sicilia) ed è cresciuto in una famiglia unita assieme alle sue tre sorelle. 

«Mio padre mi ha fatto anche da coach e sono convinto sia stato un grande coach - dichiara Busà -. Il rapporto con lui è sempre stato bello ma difficile: si parla sempre di karatè, solo di quello nel bene e nel male.

Ho avuto più un maestro che un papà. Tramite il percorso col mio mental coach, ho capito che devo amare i mie genitori a prescindere da quanto succede, senza mai giudicarli. Ora, infatti, c’è un bel rapporto, ci ho parlato a quattr'occhi, da uomo a uomo, per 3 ore. Adesso fra noi ci son solo tante risate e di questo sono felice».

Le difficoltà che ha affrontato Luigi partono dai tempi adolescenziali, quando viveva ad Avola e il suoi fisico non era idoneo ad uno sportivo. «Papà ha sempre creduto in me - dichiara il campione -, anche se ero cicciottello, perchè se credi in una cosa, anche se è facile distrarsi, tante rinunce possono aiutare a crescere e ad arrivare in alto. Sono sempre grato a mio padre. Vengo da Avola, un bellissimo paesino, ma i bambini non hanno molta pietà: soprattutto con chi è in carne. Mi prendevano in giro e mi chiamavano "arancino", ma non mi sono sentito mai bullizzato. Rispondevo: poi un giorno vedrete! Avevo e ho grande autostima, dovuta a mio padre che mi ha dato sempre forza».

E sul bullismo, che oggi è sempre più accentuato, dice: «Mi sto avvicinando alle famiglie dei bullizzati perché devono fa accrescere l'autostima ai loro figli, oltre che far intraprendere un percorso ai bulli stessi che sono i primi ad essere deboli».

La Toffanin, infine, legge una lettera inviata dal padre per Luigi, a conferma di un rapporto solido che con gli anni si è sempre più rafforzato. «Nessuno avrebbe potuto capire il tuo impegno quando eri bimbo e avevi voglia solo di mangiare - scrive il padre -. Tu non volevi solo partecipare ad un gioco ma vincere. Tante volte avrei voluto dirti bravo, ma ho ritenuto che dovevo essere critico e ferreo. Così di fronte a tutti i premi che hai vinto, da padre avrei voluto abbracciarti, ma mi soffermavo a farti notare gli errori. Ma forse questo mio modo di fare ha fatto crescere la determinazione in te e ora ti dico: ce l’hai fatta campione, sono fiero di te, sei l’atleta migliore. Mi inchino come maestro e ti abbraccio come padre, insieme a te ho sudato. In questo viaggio meraviglioso non avrei potuto avere un alleato migliore». 

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