Edoardo Pesce è Alberto Sordi nel film stasera su Rai 1: «Ho trovato una via di mezzo tra me e lui»

Edoardo Pesce
Edoardo Pesce
di Donatella Aragozzini
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Martedì 24 Marzo 2020, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 08:51
Nel centenario della nascita, Rai1 omaggia stasera il re della commedia all’italiana con Permette? Alberto Sordi, film-tv realizzato da Ocean Productions per RaiFiction, diretto da Luca Manfredi, con protagonista Edoardo Pesce e nel cast, tra gli altri, Pia Lanciotti, Lillo Petrolo, Paola Tiziana Cruciani e Giorgio Colangeli.
Cosa rappresenta Alberto Sordi per lei?
«La romanità bella, che è allo stesso tempio gioiosa e cinica, la capacità di passare in un secondo dalla drammaticità alla comicità».
Come ha reagito quando le hanno offerto di interpretarlo?
«Quando Manfredi mi ha chiamato per il film, non credevo mi avesse scelto per interpretarlo perché avevo fatto ruoli più duri, da cattivo, e gli ho chiesto: “Va bene, ma chi farà Sordi?”. All’inizio mi sono domandato come poterlo affrontare, ma dal provino alle riprese è passato quasi un anno e sono entrato nell’ottica».
Alla fine come l’ha affrontato?
«Avendo visto parecchi suoi film, non ho voluto approfondire in maniera morbosa, per essere naturale e mantenere un po’ di freschezza. Ho voluto fare il mio Sordi, trovando una via di mezzo tra me e lui. Interpretare un personaggio scritto è più facile, sei tu che gli dai vita, invece quando si tratta di una persona realmente esistita devi trovare un equilibrio».
La parlata è straordinariamente simile: si esercitava a rifarla già da bambino, quando sognava di fare l’imitatore?
«In realtà no, nella playlist c’erano Verdone, Montesano, Corrado, Beppe Grillo... ma non avevo mai imitato Sordi».
È vero che ha collaborato alla sceneggiatura?
«Sì, un po’ a livello di dialoghi, ho dato qualche consiglio dal punto di vista del personaggio».
Come risponde alla famiglia di Sordi, che ha criticato il film per non aver messo in risalto alcune sue caratteristiche, come la profonda religiosità?
«In parte ha anche ragione, ma è un film di un’ora e 40 minuti che attraversa 20 anni della sua vita, non un documentario della Bbc, quindi non potevamo approfondire, dovevamo rimanere un pochino in superficie. Spero comunque che piaccia al pubblico, che emozioni».
Ultimamente l’abbiamo vista anche nella fiction “Il cacciatore 2”.
«Sì, nei panni di Brusca. Per quel ruolo sono dovuto ingrassare e ho dovuto imparare il palermitano, non è stato facile».
Che registro preferisce tra commedia e dramma?
«Dipende dal ruolo. Far ridere è più difficile, ma per far bene bisogna comunque lavorare molto».
Cosa è cambiato dopo la consacrazione con “Dogman” di Garrone, che le è valso un Nastro d’argento e un David di Donatello?
«La stima l’avevo guadagnata già con Romanzo criminale e Fortunata, ma sicuramente ora ho più proposte, posso scegliere cosa fare o non fare».
I suoi prossimi progetti?
«Devono uscire tre film: La regola d’oro, con Simone Liberati e Barbora Bobulova, Gli indifferenti, rivisitazione in chiave moderna del romanzo di Moravia con Giovanna Mezzogiorno e Valeria Bruni Tedeschi, e il musical The land of dreams, ambientato nella New York degli anni 20, con Caterina Shulha, Calabresi e Fresi».
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