Franca Valeri: un secolo da star tra teatro, cinema e tivù. E l'amore per Milano e Roma diviso tra vita e arte

Franca Valeri: un secolo da star tra teatro, cinema e tivù. E l'amore per Milano e e Roma equamente diviso tra vita e arte
Franca Valeri: un secolo da star tra teatro, cinema e tivù. E l'amore per Milano e e Roma equamente diviso tra vita e arte
di Totò Rizzo
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Giovedì 9 Luglio 2020, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 08:11

È arrivata lei – Franca Valeri – e non c’è più stato verso di giocare a vizi privati e pubbliche virtù, di conservare intatto il sepolcro imbiancato dell’ipocrisia, di esporre nella vetrinetta delle convenienze sociali uno “status” imbellettato con ciprie improbabili per apparire più “à la page”. Nel teatro, nel cinema, in tv, attraverso personaggi spesso mostruosi sotto la patina ridanciana, lei ha sollevato il velo, o meglio, il tappeto e la polvere accumulata sotto, puff, volata via, in alto, contro i nostri occhi foderati di ambiguità. Altro che incolpare la servitù anche se, superfluo sottolinearlo, non è più quella di una volta. Per quest’impresa, come ogni grande comico, la Valeri è stata, nei lunghi decenni d’arte fra palcoscenico, set e studi tv, cattivissima proprio per centrare il bersaglio con ogni freccia del suo arco. 

Molto è servita l’avanguardia del dopoguerra, fra cabaret e teatro, di quegli anni ’50 in cui ha iniziato, con i Gobbi (complici Bonucci e Caprioli) che caricavano a molla la realtà fino a rasentare il surreale, se non l’assurdo. Strepitose sono state le sue creature, le donne d’ogni ceto sociale, fondamentalmente infelicissime sotto la bugia della noia danarosa, degli amori stentati o dell’inedia casalinga (il fortunato trittico Signorina Snob-Cesira-Cecioni). E anche nel cinema – grazie a registi che hanno colto con arguta sensibilità un sorriso mai pieno ma il più delle volte stirato, affilato, sarcastico – ci ha regalato figure da antologia (si pensi alla miliardaria de «Il vedovo» di Risi nel quale gareggia in cinismo con Alberto Sordi, due giganti dell’umor nero). 
Grati sempre, dunque, alla Valeri. Non solo per questo magistero ma pure per due ultime cose: l’amore per Milano e Roma, equamente distribuito tra vita e arte, e quello sconfinato per gli animali. 

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