«Taranta World, perché la musica non si ferma»

«Taranta World, perché la musica non si ferma»
di Ilaria MARINACI
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Domenica 17 Maggio 2020, 21:22 - Ultimo aggiornamento: 21:23
Taranta World è il singolo di Antonio Castrignanò, che anticipa il suo nuovo album di inediti. «Vorrei che questo brano dice l'artista salentino fosse un messaggio: la musica non si deve fermare perché la musica guarisce». Dopo Mara la fatìa e Fomenta, Castrignanò che accanto alla carriera da solista affianca quella di storica voce dell'Orchestra Popolare Notte della Taranta aveva programmato di pubblicare il suo ultimo disco proprio in questa primavera per poi presentarlo al pubblico durante i live estivi. Ma l'emergenza sanitaria ha guastato i piani. Il lavoro sull'album, invece, è andato avanti e ieri è uscito Taranta World, che coniuga melodie della tradizione popolare salentina con nuove influenze e con testi scritti per l'oggi.

«Il singolo è figlio spiega Castrignanò dei nostri tempi con influenze culturali e generazionali attuali che, però, scavano fino alle radici e guardano al passato e ai suoi insegnamenti, come la capacità di trovare una chiave di lettura a qualsiasi difficoltà. Il Salento insegna a curarsi con un rituale fondato sulla musica. Il tarantismo non è storia solo di oggi, ma viene da lontano».

La musica come cura anche in tempi di Covid-19?

«Io ne sono convinto. Con la musica si può arrivare al sorriso, ci si può fare delle domande, si può riflettere su se stessi e superare quei momenti bui e incerti che tutti viviamo, quando sembra che non arrivi mai la luce. Invece, la luce arriva sempre».

Cosa può anticiparci sull'album?

«Siamo in fase di lavorazione. Sarebbe dovuto uscire in primavera ma abbiamo preferito posticipare senza bloccare del tutto la spinta creativa. È un disco quasi interamente di inediti, non legati alla riproposizione della musica salentina così com'è, ma alla nuova scrittura della tradizione che si evolve e interagisce con altre tradizioni. Ci saranno influenze provenienti dall'Africa, dal Medio Oriente, dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Vecchie melodie tradizionali incontrano, come nei miei dischi precedenti, liriche nuove che parlano, per esempio, di caporalato o della tragedia degli ulivi. Ci credo molto: non voglio che la cultura musicale del popolo venga relegata nelle biblioteche. Solo dandole nuova linfa può essere rigenerata e raccontata per altri decenni».

Ci saranno collaborazioni con altri artisti internazionali?

«Sì, ma ancora non posso dire quali».

Lei è uno dei migliori performer di musica popolare. Sul palco sprigiona un'empatia straordinaria con il pubblico. Come vive l'incertezza di non sapere se e quando potrà tornare a esibirsi in una piazza?

«È una brutta botta, arrivata proprio ora che bisognava raccogliere il frutto di un lavoro legato al disco durato tre anni. Ma, nel mio piccolo, con questo singolo, vorrei lanciare il messaggio che la filiera della musica non si deve fermare, ha bisogna di sostegno ma anche di soluzioni fattibili. In questi giorni, con il mio gruppo, avremmo dovuto essere nel Principato di Monaco a replicare Core meu, lo spettacolo messo su con il Balletto di Montecarlo per la festa della danza. Chissà che non si faccia lo stesso in una veste diversa, che, però, non è la stessa cosa».

Non crede nello streaming?

«Non molto, io mi nutro del rapporto col pubblico, lo amo. Ci sono generi, soprattutto quelli incentrati sulla potenza energetica del suono, che soffrono questa mancanza più di altri, che vivono di ascolto, come jazz e classica. Lo schermo è un filtro che abbatte molto ciò che siamo abituati a condividere con il pubblico».

Anche la Notte della Taranta va in quella direzione.

«L'ho sempre vissuta come un concertone di piazza. La tv l'ho sempre vista funzionale a chi non poteva essere a Melpignano. Questo non significa che non debbano essere prese in considerazione oggi queste altre soluzioni perché la continuità di un evento simile è importante anche per la gente che ci lavora».
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