Tango. E notti a Buenos Aires

Tango. E notti a Buenos Aires
di Anita PRETI
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Mercoledì 7 Luglio 2021, 05:00

E per una volta che non sia un pensiero triste che si balla ma una ventata di piccola e attesa felicità (come lo è il ritrovarsi) questo tango, all’insegna di “Noches de Buenos Aires”, che irrompe a Taranto sul palcoscenico dell’arena della Villa Peripato domani sera. La zampata del leone, l’associazione Amici della musica “Arcangelo Speranza”, si fa proprio sentire e, forti della storia ormai centenaria del loro sodalizio, i componenti e il loro presidente e direttore artistico Paolo Ruta rompono il ghiaccio del silenzio e della lontananza imposti della pandemia aprendo le danze e nel modo migliore per riaccostarsi, con questo spettacolo di tango, al folto pubblico che li segue amorevolmente. 

E’ solo l’aperitivo, il resto verrà dopo: la stagione concertistica invernale e prima ancora l’orgoglio di tutti, un vero Festival (non una vetrina come la parola viene comunemente intesa ma ricerca, sperimentazione, progettazione) dedicato al compositore Giovanni Paisiello che a Taranto ha le radici ma nel mondo la fama. Sia quella maggiore che gli viene riservata (primo fra tutti, il maestro Riccardo Muti) sia quella timida e affettuosa di un negoziante di Milano che inquadra l’eleganza di un tempo, esponendo pochi giorni fa in vetrina, tra i capi di abbigliamento, un suo celebre ritratto. Paisiello come modello di eleganza, sarà… certo lo era la sua musica. E anche il tango, se strappato a tentazioni “bordellose” (benché nel basso della società argentina esso abbia avuto origine), è una danza di estrema eleganza. Sia nelle movenze quasi al ralenti dei tangueros sia nelle volute dei passi sia negli improvvisi casquè che (cassati gli effettacci atletici a volte voluti per impressionare lo spettatore) fermano l’azione e forniscono pochi secondi per pensare. 

Nelle notti di Buenos Aires a più di uno è capitato di fare tanti incontri. Riunendo storie diverse: i passi piccoli e veloci del cardinale Bergoglio; quelli danzati (nei maggiori teatri) di Raffaella Carrà; quelli ciechi di Borges.

Storie varie che sono andate a sovrapporsi a quelli di un popolo prima felice, poi un po’ meno, e poi di nuovo libero. Gente la cui anima viene raccontata adesso a passo di danza nella Villa Peripato. 

Ci sono dieci ballerini in scena, quattro coppie formate da Neri Piliu e Yanina Quiñones i due coreografi (insieme dal 2006, campioni riconosciuti e quasi mondiali di tango salon e tango esecnario, due diverse declinazioni della danza), Sebastián Nieva e Celeste Rey, Luis Cappelletti e Melina Mouriño, Palo Nelson Piliu e Giselle Tacón. Formano la Tango Rouge Company (spesso in tournée in Italia dove i due coreografi hanno anche una residenza artistica), talora dalla piccola orchestra Tango Spleen. Parola europea, quest’ultima, che sottolinea la famosa definizione coniata nella prima metà del secolo scorso dal compositore (e non solo) Enrique Santos Discépolo. Una frase che, si racconta, poco piacesse al maestro del pensiero argentino, lo scrittore Jorge Luis Borges. E del resto come ritrovarla nel tango dei giovanissimi da cui si parte nella narrazione delle “Noches” mentre, giocoforza, è più evidente in quell’autentico trattato di seduzione che è il tango degli adulti. Ed è quasi impossibile resistervi.

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