“Speravo de morì prima”, al via su Sky la serie su Totti con Castellitto. Tutto quello che c'è da sapere. E sui social già impazzano i commenti

Pietro Castellitto e Francesco Totti in uno dei trailer della serie "Speravo de morì prima"
Pietro Castellitto e Francesco Totti in uno dei trailer della serie "Speravo de morì prima"
di Leonardo Jattarelli
7 Minuti di Lettura
Giovedì 18 Marzo 2021, 16:04 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 18:22

«Mi raccomando: ‘sta serie va vista perché è simpatica e nello stesso tempo emozionante». Così Francesco Totti, il Capitano per antonomasia, ha promosso in un videomessaggio Speravo de morì prima, la serie Sky Original a lui dedicata, che esordirà il 19 marzo su Sky e Now Tv, prodotta da Mario Gianani per Wildside, del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment di Virginia Valsecchi, The New Life Company e Fremantle. Ma i clienti di SkyExtra hanno già potuto visionare i primi episodi, e questo spiega le polemiche e insieme gli applausi ricevuti finora dalla serie che racconta con ironia e profondità gli ultimi 18 mesi di carriera del campione: la stagione forse più dura, non solo per gli anni che passano e che per un atleta contano più di chiunque altro, ma soprattutto per ciò che è accaduto in quegli ultimi mesi della sua storica appartenenza al club giallorosso.

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Il protagonista

Pietro Castellitto si è detto pronto fin da subito all’impresa complicatissima; nessun altro attore sembra si sia voluto prestare per un ruolo così delicato. Lui ha detto sì e il capitano giallorosso l’ha elogiato: «Ha cercato di farmi uscire come sono veramente». Sua moglie Ilary Blasy è interpretata da Greta Scarano. Tra presente e passato, tra pubblico e privato, Speravo de morì prima, che eredita il titolo dal celebre striscione apparso all’Olimpico durante l’ultimo match del campione, è diretta da Luca Ribuoli ed è tratta dal libro Un capitano di Francesco Totti e Paolo Condò (edito da Rizzoli), racconto del campione e dell’uomo. 


Diciotto mesi di fuoco raccontati col tono della commedia: dal ritorno di Luciano Spalletti (Gian Marco Tognazzi) sulla panchina della Roma al più struggente addio al pallone della storia del calcio.

Un anno e mezzo di guerra contro due avversari che non fanno sconti neppure a Francesco Totti: il tempo e l’allenatore. Una guerra che divide una città e la comunità calcistica, combattuta con passione e tormento da un calciatore che non riesce a mettere la parola fine a una carriera da sogno, tutta vissuta indossando sempre e solo un’unica maglia. 


Non mancano, nei sei episodi della serie, le immagini d’archivio dei momenti più esaltanti della sua carriera e la vita privata di un uomo coraggioso e semplice, autoironico e romanissimo, legato da sempre alla sua città e al calcio. Pietro Castellitto ha spiegato: «Quando Totti, che ho seguito dall’infanzia e conosciuto solo in questa occasione, dice che ha scoperto qualcosa che non conosceva grazie alla serie, si comprende che la sfida era riuscire a creare una maschera che lo stupisse. Il cinema è evocazione, non imitazione. Sono cresciuto con Totti, ero piccolo, ho ritrovato un diario mentre giravo. Avevo 9 anni e in una pagina scrivevo “Ha fatto un gol col Brescia veramente bellissimo. Totti è come l’inchiostro della penna. Il calcio non è calcio, se Totti non c’è”». 


Tognazzi, da parte sua, ha spiegato di essersi fatto una sua idea di Luciano Spalletti: «Ho cercato di trovare un filo conduttore che ho identificato nel disagio» dice l’attore, «non mi piaceva l’idea dell’antagonista e del cattivo». Greta Scarano, Ilary: «Sono arrivata quando la macchina era rodata. Pietro ha interpretato Totti con una grazia e una semplicità che non è da tutti. Quella tra Totti e Ilary è una relazione pubblica e lunga, raccontiamo anche un grande amore. Mi è piaciuta la coerenza di IIary, che gli sta vicino anche in un momento così difficile. L’ho vissuto come un dramma shakespeariano, perché lui è costretto a lasciare il mondo a cui appartiene».

La mamma di Totti, Fiorella, è Monica Guerritore, Giorgio Colangeli è il padre, Enzo Totti, morto di Covid nell’ottobre scorso, Gabriel Montesi (Antonio Cassano), Marco Rossetti (Daniele De Rossi), Alessandro Bardani (Angelo Marrozzini), Primo Reggiani (Giancarlo Pantano) e Massimo De Santis (Vito Scala). 
La serie è stata presentata in un’inedita conferenza stampa in streaming con il cast collegato dal luogo simbolo della storia che racconta: lo Stadio Olimpico di Roma, lo stesso dove in occasione dell’ultima partita di Totti (Roma-Genova, il 28 maggio 2017), apparve lo striscione che dà il titolo alla fiction.

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Nonostante l’incoraggiamento dello stesso Capitano, tutti, dai produttori agli attori, hanno ammesso la difficoltà, la responsabilità, la paura con cui hanno approcciato al progetto sul mostro sacro del calcio. «Abbiamo visto gli episodi insieme, io e Greta Scarano con Francesco e e Ilary - ha rivelato l’attore, figlio di Sergio Castellitto - Mi sono sembrati molto toccati e anche molto partecipi. Ogni volta che finiva un episodio ne volevano vedere un altro. Totti è un archetipo, Totti è una rete di salvataggio: tutti si potranno riconoscere in lui, nel suo percorso verso la fine della carriera, a prescindere dall’essere tifosi o meno, dall’averlo seguito in carriera o meno».
C’è già chi ha potuto seguire le prime puntate della serie, come detto i clienti di Sky Extra, e le polemiche non sono mancate, quelle che hanno caratterizzato, quasi quitidianamente, tra radio, stampa e social, quei diciotto, ultimi mesi della carriera di Francesco Totti.


Su Twitter, i commenti si incentrano quasi tutti sulla lite tra il giocatore e l’allenatore. C’è chi critica l’interpretazione di Castellitto e chi invece il ruolo di Spalletti nella vicenda. In molti hanno criticato Tognazzi, non per la sua interpretazione ma perché “incarnazione” dell’antagonista di Totti, l’allenatore Spalletti. E Giammarco ha replicato:«I social hanno anche un parere molto positivo. Ma si passa senza mediazione dalla critica all’insulto diretto: una cosa insopportabile. È la degenerazione di ogni forma di rispetto e senza regole d’ingaggio. Mi è capitato leggere qualche riflessione: “Perché Totti non ha interpretato se stesso?”. Perché quello diventerebbe un documentario e qualcuno potrebbe immaginarlo come un atto di egocentrismo - ha spiegato l’attore -. Poi hanno chiesto il perché non l’abbia interpretato quello o quell’altro attore: ma qualcuno si è domandato se hanno avuto il coraggio di farlo? È una responsabilità che si è presa Castellito, al di là della somiglianza che è solo una questione di superficialità. Gli insulti per aver interpretato il ruolo di Spalletti? Io sono abituato, così come sono abituati i calciatori. Ci sono state molte polemiche superficiali sulla serie, ma noi siamo temprati e non ci toccano».

Quanto alla somiglianza con l’allenatore, ha detto: «L’aspetto fisico? Non conta, nessuno può essere Totti o Spalletti. Bisogna cercare qualcosa che ti porti ad annullare la somiglianza e far capire l’umanità dei personaggi. L’estetica è superficialità». 

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Un’ultima curiosità è quella che riguarda l’autore dell’ormai celebre striscione da cui prende il titolo la serie. «Non c’era niente di comico» ha rivelato a “Il Romanista” Giovanni Lazzarini, uno dei ragazzi del Gruppo Barilla («perché siamo nostalgici»), della Tevere. Una frase nata «spontaneamente», qualche giorno prima di Roma-Genoa, un «terribile giorno di una settimana struggente». Giovanni - si legge sulla rivista - ha dieci anni in meno di Totti, che lo ha «accompagnato per tutta la vita»: «Volevamo fare qualcosa in suo onore, è stato il primo striscione del nostro gruppo. Era un’idea allo stesso tempo semplice, esplicita e profonda. Era troppo giusta». Vince, Fetespia e Manzo gli altri amici di stadio, durante la giornata quasi si dimenticarono dello striscione: «S’è rischiato che non lo vedesse nessuno, eravamo frastornati e ci stava passando di mente. Lo abbiamo esposto proprio all’ultimo, quando c’è stato il giro di campo». Ma del successo mediatico nessuno aveva immaginato del tutto la portata - si legge ancora su "Il Romanista": «Io ero davvero affranto, non è che mi importasse più di tanto. Poi ovviamente mi ha fatto piacere, ma è finita lì». 

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