SanPa, l'ideatore della serie Netflix a Leggo: «Noi insieme al pubblico alla scoperta di tante verità. Il dibattito? Positivo»

SanPa, l'ideatore della serie Netflix a Leggo: «Noi insieme al pubblico alla scoperta di tante verità. Il dibattito? Positivo»
di Gianluca Neri*
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Lunedì 11 Gennaio 2021, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 08:26

In questi giorni mi viene continuamente chiesto se ci aspettassimo o no tanto successo per il nostro documentario SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano, come se davvero uno possa prevedere che una propria opera, una volta uscita, sia in grado praticamente di monopolizzare per un'intera settimana il dibattito dell'opinione pubblica. La risposta è, ovviamente, no. Sapevamo, sì, di avere in mano una bella storia da raccontare, raccontata negli anni poco e male. E, sì, sapevamo che l'uscita del documentario avrebbe aperto un dibattito, ma non prevedevamo certo che l'oggetto della storia diventasse un argomento di cui tutti avrebbero parlato.


Il dibattito è positivo, te lo auguri: è costruttivo; contribuisce a migliorarci come persone e come società; serve non solo a segnalare gli errori commessi, ma soprattutto a cercare nuove soluzioni.
L'intensità e la passione del dibattito che si è creata conferma che è stato giusto parlare di questi temi, persino dopo tanto tempo. Se di verità ce ne fosse stata una sola, oggi non vi sarebbe discussione.
Quando abbiamo pensato a tradurre la storia della comunità di San Patrignano con il linguaggio del documentario ci siamo imposti di non volere una voce narrante. Volevamo raccontare quella storia utilizzando unicamente le voci di alcuni dei protagonisti, gli articoli dei giornali, i servizi televisivi dell'epoca e gli atti dei procedimenti giudiziari.


Non volevamo, in sostanza, essere noi che lo stavamo realizzando a guidare per mano lo spettatore a pensarla in un modo simile al nostro. Abbiamo invece preferito permettere che lo spettatore potesse salire sulle nostre montagne russe, dove si è liberi di cambiare idea e di passare da un'opinione all'esatto opposto nel giro di due scene e, alla fine, fare la somma delle cose che si sono viste e sentite, metterle a confronto con la propria coscienza e arrivare a un risultato che è lecito sia diverso da persona a persona.


Eravamo perfettamente consci che le differenti esperienze vissute dagli intervistati ci avrebbero fatto raccogliere testimonianze di diverso tipo e verità spesso direttamente in contrasto tra loro.

Non abbiamo ascoltato i protagonisti del racconto con la presunzione di decidere da che parte stesse la verità ma, anzi, ci siamo chiesti se la verità non potesse essere composta dalla somma di tutti quei punti di vista, a volte agli antipodi, perché ciascuno interpreta la vita e le cose della vita utilizzando gli strumenti che ha a disposizione, il proprio ruolo, la propria cultura, le proprie radici, il caso di trovarsi in un determinato posto nel momento sbagliato o in quello giusto.


Io vedo quella madre che urla al microfono: A me andava bene anche se lo inchiodava, mio figlio? Dove sarebbe stato meglio? A casa, o a Regina Coeli, dov'è adesso?, e non posso non provare empatia nei suoi confronti; non posso non immedesimarmi in lei e non capire la sua tragedia.


Allo stesso modo non posso non abbracciare virtualmente il figlio di Roberto Maranzano o il fratello di Natalia Berla mentre si danno la colpa delle cose non dette e del tempo che non hanno potuto trascorrere con i propri cari prima che gli fossero strappati via.


Un documentario dovrebbe descrivere la vita utilizzando i colori che si usano nella vita: non solo il bianco o solo il nero; non solo i colori primari, ma tutta la scala Pantone delle emozioni.


*Ideatore e autore di SanPa

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