Marco Mengoni al Festival di Sanremo incanta l'Ariston: «Pronto a tornare in gara con una canzone giusta»

@Alvaro_Beamud_Cortes
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di Rita Vecchio
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Sabato 5 Febbraio 2022, 23:28 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 16:29

«Se sono un ospite o un super ospite? Non lo so. L’unica cosa che conta è che su questo palcoscenico porto musica e parole». La risposta di Marco Mengoni, poco prima di salire sul palco del Festival di Sanremo invitato da Amadeus, era stata secca ma garbatissima. Atteso ed applaudito, torna all’Ariston rivivendo l’emozione della sua ultima partecipazione nel 2013 con cui vinse con "L’Essenziale" (e con cui aveva rappresentato l’Italia all’Eurovision) e l’ultimo singolo “Mi fiderò" riarrangiando in chiave funky. Occupa il proscenio con Filippo Scotti, l’attore principale del film di Paolo Sorrentino,  “È stata la mano di Dio”. Un sipario chiuso, una poesia del poeta campano Franco Arminio e al via con il messaggio della sua partecipazione. «Emotivamente ho voluto riportare nella dimensione del mio ultimo disco "Materia (Terra)” - racconta emozionato - Volevo parlare di tenerezza e di gentilezza, concedendo un momento di riflessione. Un invito a calmare i toni. E l’ho voluto fare con un amico vero. Con Filippo abbiamo costruito una cosa bella». 

 

Che effetto le ha fatto tornare all’Ariston? 

«Mi sono tornate in mente tutte le emozioni che avevo vissuto nel 2013.

Allora avevo 23 anni, ero giovane, inesperto ed era talmente tanta l’agitazione che non mi sono goduto il momento per come avrei voluto. Oggi ho portato il Mengoni più consapevole, sia dei limiti e che punti di forza. Tornare a Sanremo significa confrontarsi da un punto di vista umano e musicale. Si diventa più coraggiosi di sperimentare». 

Ha detto che poco importa il termine (ospite o super ospite): ma in gara tornerebbe?

«Sì. Eccome. Mi piacerebbe. Con una canzone giusta». 

Perché parlare dell’art. 3 e dell’art. 21 della Costituzione al Festival? 

«Perché nel tempio della canzone e della parola, dove ci sono testi, musiche, emozioni, sensazioni, è giusto che si tirino fuori dei temi importanti. É stato un dialogo il meno giudicante possibile, accogliente, con gentilezza. Una rilettura di due articoli della Costituzione sulla libertà di parola, sulla pari dignità, senza distinzione di razza o sesso. Un messaggio che non vuole entrare nella politica, ma nell’essere umano praticando gentilezza». 

Siamo diventati poco gentili?

«Siamo stati messi a dura prova. Sfogarsi in un abbraccio conta. Non sempre uno schermo di un cellulare ci può aiutare. A volte non vediamo il limite da non superare. Ultimamente ci siamo presi la briga di non contare fino a dieci prima di parlare. Ho peccato anche io nella vita dicendo istintivamente cose sbagliate e non lo voglio più fare. Marco Mengoni di oggi vuole essere gentile e pensare di più. Dobbiamo ricordarci che dall’altra parte c’è un essere umano che ha sentimenti. In questo percorso, parlo anche a me stesso. Anche io sto combattendo contro l’istinto di superare il limite invalicabile». 

E lei si sente capito? 

«Non sempre. Difficile comprendere l’altro. Siamo tutti qualcosa di unico e nell’unicità c’è tanta roba. Ma dobbiamo provarci». 

Insomma un Mengoni come Benigni e Mattarella?

«Esatto (ride, ndr). È un dialogo che mi ha emozionato. Spero porti leggerezza e gentilezza. Questo Festival di Amadeus è stato davvero il Festival della gioia. Ho seguito le prime due serate, mi sono divertito. E credo si siano divertiti anche gli artisti in gara. C’era bisogno di varietà, di ascoltare canzoni, di divertirsi. Ho visto riapparire in loro la voglia di ricominciare. Ed è questa la cosa più importante». 

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