Gabbani e...viceversa: «Niente più scimmie e balli, a Sanremo mi metto a nudo»

Francesco Gabbani
Francesco Gabbani
di Rita Vecchio
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Giovedì 23 Gennaio 2020, 08:05 - Ultimo aggiornamento: 20:41

Sempre in controtendenza. È l’effetto sorpresa Francesco Gabbani, signori. C’eravamo abituati ai tormentoni danzerecci: "Amen", nel 2016 e "Occidentali’s Karma", l’anno dopo. Con tanto di figurante travestito da scimmia. Ora, prepariamoci ad ascoltarlo nella sua dimensione più emozionale. Il brano in gara è "Viceversa", delicata ballad scritta con Gino Pacifico. Sarà anche il titolo del nuovo disco in uscita il 14 febbraio per BMG in due edizioni (e in due colori, giallo e blu). Per la serie, sempre e comunque “vi stupirò”. E che il 37enne cantautore toscano lo farà, c’è da scommetterci. 
 

 

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Gabbani: pronto per il partenza e via del Festival?
«Prontissimo. E contento di tornarci con un brano spontaneo. È una canzone che amo cantare, ancora di più con l’orchestra. È più intima, svela un aspetto di me che il pubblico del Festival non conosce. Diciamo che sarò meno danzereccio».

Quindi niente scimmia o robe simili?
«Nulla. Sarò io con il mio alter ego. Ovvero, io e solo io».

Terza volta a Sanremo. Come si sente?
«Nella prima ero forse incosciente. Nella seconda, volevo dimostrare qualcosa. Oggi, sento soltanto la necessità di fare musica. Senza sovrastrutture: credo nella genuinità di Viceversa. Senza ansia da podio».

Firmata a quattro mani con Pacifico. 
«Collaborazione non invadente. Persona umanamente e professionalmente eccezionale. Gino è stato tipo psicoterapeuta».

Cioè?
«Il disco è molto mio. Lui ne ha ottimizzato la scrittura, ne ha lucidato il testo. Mi ha fatto da motivatore (ride, ndr): tutto quello che scrivevo, gli piaceva. Anche in Bomba pacifista è stato così: canzone “visionaria”, con l’ossimoro già nel titolo».

Una bomba che scaglia contro chi? 
«È la rivoluzione che il singolo e la società potrebbero fare per trasformare le debolezze in punti di forza».

E i suoi quali sono? 
«Sono la stessa cosa. È la mia sensibilità. Debolezza e punto di forza insieme». 

Nella prima traccia del disco si mette anche a parlare con Einstein.
«Sì, in un dialogo surreale (ride, ndr). Per dire che è tutto relativo. Che si parte dalla propria verità. Filo conduttore è il ping pong tra la percezione di se stessi e la collettività. I ritmi incalzanti non mancano, ma resta un disco introspettivo. E dell’essere italiani, rifletto sulla propensione che hanno a tirare fregature ma anche a riceverle».

E sempre di questo dialogo surreale, cita Marco Castoldi. 
«Cantando di “soprappensiero” mi è venuto in mente Morgan (era un brano con i Bluvertigo). Ho molta stima di lui. Lo sa che è in una mia canzone. Gliela farò ascoltare».

Cover?
«L’Italiano di Toto Cutugno. È del 1983, ma la sento vicina. Ha avuto lo stesso successo nazional popolare di Occidentali’s Karma. Leggero, ma che nasconde una bella analisi di retaggi culturali e di atteggiamenti dell’essere italiani. Sarò senza ospiti, anche qui».

Polemica testi: favorevole o contrario?
«L’artista è libero di scrivere quello che vuole, l’ascoltatore è libero di ascoltare quello che vuole. Sbagliato andare a prendere il passato in un Festival della canzone. Arte è tale solo perché libera».

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