Jarabe de Palo, il cantante e la lotta contro la malattia: «Il tumore? Non è mio nemico»

Pau Dones degli Jarabe de Palo
​Pau Dones degli Jarabe de Palo
di Valentina Venturi
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Giovedì 2 Agosto 2018, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 12:54

È un musicista, un uomo cortese e allegro, ma anche un cittadino del mondo, consapevole della realtà in cui viviamo. Pau Donés degli "Jarabe de Palo" è disponibile a rispondere a qualsiasi domanda: dalla politica («essere latini è un orgoglio ma dalla Spagna all’Italia fino all’Argentina ci accomuna la malattia della corruzione»), alla sua musica («siamo una band di ragazzi di Barcellona che ce l'ha fatta») a un tema delicato come la malattia: nel 2015 Pau ha scoperto di avere un tumore al colon e lo ha subito comunicato ai suoi follower per ricordare che «la vita è qui e ora». Con gli "Jarabe de Palo" sabato 4 agosto fa tappa al Valmontone Outlet Summer Festival, per un concerto gratuito.   
 
La carriera musicale inizia nel 1996 con il singolo "La flaca"; ora il tour “20 años” festeggia il vostro ventennale. Che effetto fa?
«Un traguardo, fatto di tanti momenti di lavoro e di divertimento. Sono vent'anni di musica che, come un sogno, sono diventati realtà».
 

 

 
Il momento più emozionante?
«Probabilmente esserci esibiti al Central Park di New York, ma anche a Tokyo. O forse tutti, davvero non saprei».
 
Ha suonato anche con Pavarotti?
«Abbiamo fatto insieme un “Pavarotti and Friends” nel 2007 e uno stage. Ne porto un ricordo stupendo. Era un musicista generoso, aveva un cuore grande e la sua gentilezza era proverbiale».
 

 
Cosa proporrete il 4 agosto a Valmontone?
«Le nostre hit più famose: sarà uno spettacolo estivo, gioioso, Up». 
 
Ha collaborato con diversi musicisti italiani. Un aggettivo per ognuno di loro.
Jovanotti?

«Un fratello maggiore». 
 
Kekko dei Modà?
«Un fratello minore». 
 
Niccolò Fabi?
«Bello».

Noemi?
«Un talento pazzesco». 

Francesco Renga?
«Emozione». 
 
Come è nata l’idea del progetto “50 palos” che include un disco acustico e un libro di 50 capitoli brevi, tanti quanti i suoi anni?
«Sono dislessico e scrivere non è stato facile, ma volevo fissare i miei pensieri più intimi e tanti aneddoti. Ben presto è diventata un’attività emozionante: ogni mattina minimo per due ore scrivevo».

Come lo definirebbe?
«Il libro di una persona, non di un artista».  
 
Riesce a convivere con la sua malattia?
«Certo, con lei ho subito messo le cose in chiaro: “Se vieni con me, allora tu devi fare la mia vita”».
 
Come si sente?
«Benissimo. Il tumore non è un mio nemico, lo vedo come una malattia cronica che vive e convive con me». 

Su Instagram ha pubblicato una foto da Formentera mentre in ospedale faceva la chemio in costume. 
«Mi faccio sempre foto in ospedale. In quel caso ero in barca a vela e mi hanno chiamato per fare la chemio. "Volo!" ho detto e così mi sono presentato». 

Ha intenzione di smettere di suonare?
«Forse di riposarmi un po'». 

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