Ricciarelli, il ritorno in Puglia con il Don Giovanni

Ricciarelli, il ritorno in Puglia con il Don Giovanni
di Eraldo MARTUCCI
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Giovedì 10 Ottobre 2019, 20:33
Regina del belcanto e direttrice artistica, star della televisione e del cinema: la carriera di Katia Ricciarelli non si è mai fermata. Il celebre soprano veneto, che a Lecce ha lasciato un ricordo indelebile nei sei anni in cui ha retto brillantemente la stagione lirica della Provincia, ritorna nuovamente nel capoluogo salentino per la regia del Don Giovanni di Mozart, che sarà rappresentato domani sera alle 21 al Teatro Apollo.
Ad organizzare la messinscena è l'associazione La camerata delle arti di Matera con la direzione artistica del tenore Francesco Zingariello, che in questa occasione salirà anche sul podio dell'Orchestra della Magna Grecia. La produzione ha debuttato al Teatro Stabile di Potenza lo scorso 7 maggio.
Protagonista sarà anche il Coro lirico di Lecce. Nel ruolo del titolo canterà il baritono Pedro Carrillo, in quello di Leporello il baritono Maurizio Leoni. Donna Elvira e Donna Anna saranno rispettivamente i soprani Ilaria Cuscianna ed Erika Liuzzi, mentre Don Ottavio sarà interpretato dal tenore Zi-Zhao Guo. Elena Finelli canterà nella parte di Zerlina, Mattia Rossi in quella di Masetto, ed infine come Commendatore ci sarà Gianluca Convertino. Le scene sono di Damiano Pastoressa, i costumi della Sartoria Arrigo.
Sarà una messa in scena in cui verrà rispettata la tradizione mozartiana, finale compreso, ma non mancheranno degli elementi di novità, specialmente nell'allestimento: «I costumi del 700 - spiega Zingariello - saranno solo bianchi e neri. L'unica in rosso sarà Donna Elvira. Giochi di luci creeranno poi una atmosfera tipicamente mozartiana e saranno affidati al light designer Fulvio Gobbi».

Una leggenda, nata dai non sempre affidabili ricordi della moglie Konstanze, tramanda che l'ouverture del Don Giovanni venne scritta da Mozart in fretta e furia, la notte che precedeva la prova generale dello spettacolo, che andò in scena a Praga per la prima volta il 29 ottobre 1787, e fu subito grande successo.
La genesi di questo capolavoro va rintracciata nel primo capitolo della celebre trilogia, Le nozze di Figaro, che dopo il grande successo della prima di Vienna del maggio 1786, fu accolto con lo stesso entusiasmo otto mesi dopo a Praga. Un trionfo che valse appunto a Mozart la commissione di una nuova opera per la stagione successiva. La scelta del soggetto è probabile che sia stata del librettista, il poeta e letterato Lorenzo Da Ponte, autore anche di Così fan tutte, che nelle sue Memorie ricorda: «Scelsi per lui il Don Giovanni, soggetto che infinitamente gli piacque». Nel mettere nuovamente per iscritto la storia del Don Giovanni Da Ponte si inseriva in un'illustre schiera di letterati attratti da questa leggendaria figura.
Il vero creatore della figura letteraria di Don Giovanni fu un religioso, Tirso de Molina, che sembra abbia tratto il suo celebre Burlador de Sevilla dagli atti processuali dell'inquisizione. Il glorioso cammino di Don Giovanni è così iniziato e le successive tappe sono rappresentate dal Dom Juan ou Le festin de pierre di Molière (1665), dal Don Giovanni Tenorio o sia Il dissoluto di Goldoni (1736) per arrivare finalmente a Mozart e Da Ponte con diverse trasformazioni dell'immagine originaria.
Per la prima viennese dell'anno successivo Mozart aggiunse tre numeri alla partitura: due arie per Don Ottavio e Donna Elvira, rispettivamente Dalla sua pace e Mi tradì quell'alma ingrata, ed un duetto per Leporello e Zerlina, Per queste tue manine che, a differenza degli altri due brani, non è mai entrato nella tradizione esecutiva dell'opera che, unica fra tutti i titoli mozartiani, ha sempre goduto del privilegio di aver avuto una vita scenica ininterrotta.
Più che un'opera Don Giovanni costituisce un mito. Non a caso Kierkegaard lo prese a spunto per uno dei suoi più noti scritti sull'eros: per il filosofo danese il seduttore mozartiano rappresenta emblematicamente la ricerca del piacere immediato, il tentativo di soffocare nel godimento dell'attimo l'angoscia esistenziale, che però riaffiora nell'instabile equilibrio determinato dall'oscillare fra l'irrequietezza e la noia.
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