Plautilla, la suora-pittrice che salvò l’arte delle donne

Plautilla, la suora-pittrice che salvò l’arte delle donne
di Leda CESARI
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Giovedì 21 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:23

Quanta arte perduta, dimenticata, negletta, in nome di un odioso pregiudizio (come in fondo tutti i pregiudizi sono): l’essere artista una donna. In un’epoca - durata millenni, a dire il vero - in cui spesso le donne potevano solo augurarsi di trovare un marito meno arcigno e più comprensivo di un padre o di un fratello in capo del quale la morale del tempo intestava quasi sempre il destino delle ragazze di famiglia: il talamo nuziale, oppure il convento. E a Pulisena Margherita, nata nella ricca famiglia fiorentina dei Nelli nell’anno 1524, questo era toccato dopo la morte della madre e il secondo matrimonio del padre, il mercante Piero: entrare quattordicenne nel convento domenicano di Santa Caterina a Cafaggio, in quel di Firenze, per prendere i voti con il nome di Suor Plautilla

Con quanta convinzione non è dato di sapere, un po’ come accaduto per ognuna delle ventotto malcapitate “prigioniere” raccontate dal libro della scrittrice genovese Orietta Sammarruco - appassionata di arte antica e viaggi prodottasi in questa sua prima opera durante il lockdown - che si presenta stasera nel chiostro del Seminario di piazza Duomo a Lecce

Nel convento una "bottega d'arte" al femminile

Ma al “verme” della creatività, quando c’è, non si sfugge, e la pittrice autodidatta Plautilla, in un’epoca in cui era severamente interdetto alle donne praticare ogni forma d’arte, trasformò quel convento in una vera e propria bottega tutta al femminile, dedita alla produzione di manufatti artistici per le nobili famiglie fiorentine.

Opere a tema religioso di piccolo formato destinate alla devozione privata, ma anche grandi tele e pale d’altare che riverberavano la temperie religiosa e culturale instauratasi dopo le intemerate di Girolamo Savonarola.

Ventotto donne, una storia simile. E un "museo che non c'è" 

Una storia comune alle altre ventisette - e chissà a quante altre coperte dalla polvere del tempo - contenute nel libro di Orietta Sammarruco, che ricostruisce con lungimiranza e dedizione la lunga marcia di innumerevoli donne vittime di una società patriarcale alla conquista del diritto di esprimersi, anche artisticamente. Ventotto vicende biografiche diverse, svoltesi in tempi diversi, eppure accomunate dai costanti ostacoli che la società al maschile ha posto alla loro piena affermazione, per cui ripercorrerne le storie significa riflettere sul millenario e immenso dispendio di talento, intelligenza, sensibilità, abilità manuale perpetrato ai danni delle artiste, ma soprattutto del patrimonio culturale collettivo. Ecco quindi il titolo del libro, accorato e al contempo votato al riscatto di quelle vite: “Il Museo che non c’è”.

L’attività artistica di Plautilla Nelli e delle sue allieve fu così intensa che il monastero raggiunse infatti una vera e propria indipendenza economica, come attesta lo stesso Giorgio Vasari nell’edizione del 1568 delle sue “Vitae”, soffermandosi con parole lusinghiere sulla suora pittrice che con le sue opere “aveva fatto maravigliare gl’artefici”: del 2017 la prima mostra a lei dedicata, curata da Fausta Navarro, dal titolo “Plautilla Nelli. Arte e devozione in convento sulle orme del Savonarola”, nella Galleria degli Uffizi che con questo evento ha iniziato un percorso finalizzato alla valorizzazione delle artiste donne. La figura di Plautilla Nelli è stata inoltre riscoperta e valorizzata dall’attività dell’Advancing Women Artists Foundation (Awa), realtà statunitense attiva dal 2006 a Firenze e dedita all’arte al femminile e all’attività di ricerca, catalogazione e restauro delle opere di pittrici conservate sul territorio fiorentino tra chiese e depositi di musei.

Fino a poco più di dieci anni fa, infatti, di Plautilla si conoscevano solo tre importanti opere: “Il compianto su Cristo morto”, conservato al Museo di San Marco, “L’Ultima Cena”, presso il refettorio del Convento di Santa Maria Novella, e “La Pentecoste”, nel convento di San Domenico a Perugia. L’attività di ricerca sulle orme della suora-pittrice-imprenditrice ha portato alla luce altri dipinti, tra cui una “Annunciazione” ritrovata nei depositi di Palazzo Vecchio, attribuita a Plautilla Nelli dalla studiosa statunitense Catherine Turril e considerata una delle due “Annunciazioni” citate dal Vasari. 

A Lecce l'Annunciazione in anteprima

Restaurata da Awa ed esposta nel Museo in occasione del Natale 2009, l’opera - esposta al pubblico in anteprima stasera a Lecce, durante la presentazione del libro, e portatrice di fortissime assonanze stilistico-compositive con le due tavole di Palazzo Vecchio e degli Uffizi - va ad arricchire il catalogo di questa prolifica artista formatasi sui disegni di Fra’ Bartolomeo, nel convento in cui avvenne la sua formazione artistica in totale autonomia e isolamento dalle novità del linguaggio rinascimentale e manierista.

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