In musica le poesie di Pasolini

In musica le poesie di Pasolini
di Antonio ERRICO
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Mercoledì 27 Luglio 2022, 05:00

Un incontro, un dialogo. La parola e la voce. Un attraversamento del testo, un viaggio. Un altro viaggio per Pino Ingrosso: nella poesia di Pier Paolo Pasolini. Un viaggio compiuto con la leggerezza di cui diceva Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”. Una ricerca dell’essenziale. Perché è la ricerca dell’essenzialità della voce, che non ha una sola modulazione in più o in meno di quella che deve avere, che soppesa e assapora la sillaba, il suo spessore, la vibrazione, che costituisce l’origine e la motivazione di “Canto Pasolini”, undici poesie musicate da Pino Ingrosso, accompagnato da Pericle Odierna, Stefano Indino, Andrea Rossetti, Umberto Malagnino, Vito De Lorenzi e Daniela Guercia.

Stasera la presentazione a Lecce

Il disco sarà presentato stasera alle 20.30 nel Chiostro del Convitto Palmieri, a Lecce.
Se si volesse rintracciare un’ impronta teorica per questa ricerca, si potrebbe anche far riferimento a due saggi: “La presenza della voce” di Paul Zumthor e “Flatus vocis. Metafisica e antropologia della voce” di Corrado Bologna. E’ in questo contesto, in questa dimensione antropologica, in questa struttura concettuale che Pino Ingrosso incontra la parola di PPP e con essa intesse il dialogo. Lo fa con leggerezza, si è detto, senza dubbio. Ma soprattutto lo fa con delicatezza. Voce e logos si compenetrano. Ascoltando l’espressione in musica che Pino Ingrosso fa delle poesie di Pasolini, si avverte l’impressione che non si possano più soltanto leggere quelle poesie, che si debba necessariamente ascoltarle dalla voce di Ingrosso, che sia necessario farsele raccontare dalla sua voce. 

Nel confronto con la poesia di PPP, la voce di Pino Ingrosso si caratterizza per una condizione di appassionamento, che significa anche un’interrogazione della storia, dell’identità, delle forme di quella poesia. Non solo, però. Significa anche un’ interrogazione della figura dell’uomo e dell’intellettuale che ha avuto - e continua ad avere - una funzione determinante nella cultura e nel costume di questo Paese. Pino Ingrosso lo sa perfettamente. Sa che ogni poesia e ogni parola sono l’esito di stratificazioni di pensiero e di significati, richiamano universi ideologici, implicano scelte di valori, attraggono una pluralità di interpretazioni determinate dalle condizioni sociali e culturali, dalla Storia e dalla contemporaneità.

Ingrosso sa che la sua voce deve restituire tutto questo e, probabilmente, molto più di questo. Sa che la complessità pasoliniana pretende, forse in egual misura, tanto una competenza tecnica quanto una dimensione sentimentale. Ecco, dunque, la passione. Non travolgente, ma cauta. Così, se in certi passi del viaggio si lascia coinvolgere dal vento semantico, in altri passi si mantiene a distanza, quasi a dirsi: la voce è stata assorbita dalla parola, oppure: la parola si è trasformata in voce canto melodia armonia suono.

La parola è riuscita a riprendersi la propria origine, a riappropriarsi della sua natura, che è appunto suono, modulazione. 

Ancora. Pino Ingrosso sa perfettamente che il confronto tra la voce e il dettato poetico di Pasolini comporta un’articolazione della parola, una flessibilità, una sensibilità sia nell’espressione esplicita sia nell’espressione implicita. Sa che è indispensabile confrontarsi anche con il non detto, con lo spazio bianco del testo, con il silenzio che è sempre carico di significati profondi. E’ quella profondità di significati che Pino Ingrosso scandaglia con questo disco, riportando in superficie un tessuto di emozione che trova la sua autentica espressione nella sapiente combinazione di musica, voce, parola. 

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