La Taranta, il mito e la musica: la notte del concertone che non c'è

La Taranta, il mito e la musica: la notte del concertone che non c'è
di Alessandra LUPO
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Domenica 23 Agosto 2020, 11:36 - Ultimo aggiornamento: 16:25
Il titolo potrebbe essere Il concertone che non c'è, proprio come l'isola di Bennato. Anche se di fatto, sul palco e per il pubblico tv, la Notte della Taranta ci sarà eccome.
E nella sua unicità l'edizione 2020, realizzata a favore di telecamere, sarà indimenticabile. D'altronde la sensazione di scrivere un capitolo inedito di questo romanzo popolare si avverte da subito addentrandosi nei vicoli di Melpignano, in questo sabato di fine agosto abituati all'assalto del pubblico dei centomila e quest'anno invece attraversati da un'ordinata e silenziosa coda agli ingressi, dove si accede solo per invito, con mascherina e passaggio dal termoscanner.
 

Dentro il piazzale illuminato il lavoro è già nel pieno: la registrazione del concerto, che andrà in onda il 28 agosto su Rai2, va avanti da due giorni e alcuni dei super ospiti hanno già finito le loro parti. Tuttavia, questo piccolo segmento aperto al pubblico, formato soprattutto dagli addetti ai lavori, resta un evento. 
«Quando qualcuno mi dice sono diventato ricco grazie al duro lavoro mi viene sempre da chiedere il lavoro di chi?», sussurra Sergio Rubini dal palco, introducendo all'epopea delle Tabacchine nel 900 «un'altra faccia del caporalato di oggi». L'attore e regista ha il compito di cucire insieme gli spezzoni del concerto. Una voce narrante intima per superare la distanza del mancato live. Poi la musica ha inizio: Gianna Nannini, smagliante, torna sulle note di "Fimmene Fimmene", canzone simbolo del lavoro femminile nella società patriarcale che aveva già portato sul palco di Melpignano 16 anni fa sotto la direzione di Ambrogio Sparagna. Questa volta il ritmo del brano è controllato e il crescendo si prende il suo tempo. La mano di Buonvino maestro concertatore inizia a farsi sentire.

I tempi sul palco sono dettati dalla regia: la serata a Melpignano è infatti un enorme backstage, compresa la chiamata degli artisti sul palco. Il pubblico a cui è stato concesso l'accesso è una infinitesima parte della fiumana da cui gli artisti vengono normalmente travolti, facendosi tramite di un rito collettivo che trova proprio nello stare insieme, fianco a fianco, la sua ragion d'essere. Ma la sfida quest'anno è proprio quella di ricreare virtualmente questo abbraccio. E nessuno si è tirato indietro. I presenti non resistono e a fine pezzo scatta l'applauso. Qualcuno ricorda che no, non si può: "esigenze di montaggio". E riporta i presenti alla realtà di questo strano anno attraversato dalla pandemia. Ma la prima a trasgredire, da vera rocker, è proprio Gianna Nannini, che regala un vocalizzo scaldando l'atmosfera.
Diodato ha registrato l'altro ieri il suo Beddra ci dormi: una versione ispirata e dolcissima.
Mahmood nel pomeriggio di ieri aveva già finito di registrare il suo canto d'amore in lingua araba, Sabry 2Aleel, rivisitata con il maestro Paolo Buonvino per la Taranta. Un incontro, parola su cui il maestro concertatore ha molto insistito in questa edizione, tra Maghreb e Salento.

Tra il pubblico presente, rigorosamente distanziato, ci sono i membri degli staff, gli agenti di polizia e alcuni politici. C'è l'assessore pugliese all'Industria culturale, Loredana Capone, i sindaci di Lecce e Gallipoli e dopo cinque anni di assenza dalla sua uscita di scena dalla fondazione e non pochi veleni politici non può sfuggire la presenza del consigliere regionale Sergio Blasi, tra i padri fondatori del festival.
Mescolati ai presenti anche l'attrice Vanessa Scalera, protagonista della fiction Imma Tataranni e la direttrice creativa di Dior, Maria Grazia Chiuri. La sua presenza conferma l'affinità elettiva che si è venuta a creare con la Notte, già finita in mondovisione lo scorso 21 luglio durante la sfilata Dior al Duomo di Lecce. Non è un caso che la super direttrice di origini salentine abbia voluto firmare personalmente gli abiti realizzati per i componenti dell'orchestra popolare. E poi, sempre lei, abbia messo disposizione del corpo di ballo la coreagrafa Sharon Eyal, che ha lavorato su quattro pezzi.
Nelle scene è stato coinvolto anche il danzatore Darren Devaney, che sul palco della Taranta ha portato una suggestiva coreografia del morbo da scacciare, un malessere vivo e contemporaneo che dal tarantismo arriva ai mali di oggi. Ponti si diceva, non solo tra generi e continenti. Ma anche tra le epoche.
Altra eco dell'evento Dior la presenza del brano Carpe Noctem, un inedito composto da Paolo Buonvino presentato in forma breve al Duomo e suonato nella forma estesa alla Taranta. Un brano in cui svettano tra le voci del coro quelle possenti di Alessandra Caiulo e Antonio Amato.
«Il tamburello è come il battito del cuore -riprende Rubini -, e questa piazza è abituata a tanti cuori che riprenderanno a pulsare tutti insieme». Qualcosa non ha funzionato, la parte è da rifare, ma è il bello della tv. E il pubblico presente sa che assistere a questo dietro le quinte è un piccolo privilegio.
Lo show riprende e i pezzi della tradizione si susseguono, poi come in un soffio corale arriva Lu rusciu de lu mare, che unisce tutte le voci femminili dell'orchestra. Adesso la luna araba sembra brillare più forte nel cielo poco sopra la facciata del convento, per la prima volta dopo anni protagonista assoluto della scenografia che ha potuto fare a meno del megapalco. Rubini torna a confidare suggestioni sul battito del tamburello in questa estate strana: «Non abbiamo perso il ritmo e siamo tornati a danzare». Ma Rubini citerà in altri spezzoni anche L'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. E il poeta comico Luciano Manzalini.
E poi un'ultima sorpresa: Quannu te llai la facce la matina, che in tv aprirà il concertone, spezza il silenzio con la voce "alla stisa" di Niceta Petrachi, detta la Simpatichina, tratta dallo storico documentario Tarantula di Gianfranco Mingozzi, realizzato nel 1962.

La vicinanza con il pubblico resta l'aspirazione centrale e Taranta è, scritta per l'occasione dal direttore artistico Daniele Durante è la promessa che il ragno riuscirà a raggiungerci tutti, uno a uno.
La registrazione dura fino a tarda notte: molto accadrà in post produzione, come le danze che si adageranno sul mix di pizziche nel montaggio con le riprese esterne dei ballerini, registrate a Gallipoli, Taranto, Alberobello e alla cattedrale di Trani. Suggestioni, struggimento, ma anche il senso di rivalsa della tradizione che oppone la sua storia arcaica alla caducità di un periodo di incertezza collettiva.
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