Capiozzo, quella batteria che lanciò gli Area

Capiozzo, quella batteria che lanciò gli Area
di Giordano Bozzano
3 Minuti di Lettura
Sabato 19 Settembre 2020, 06:50 - Ultimo aggiornamento: 06:51
Ho sempre pensato e mi piace continuare a pensarlo: quando i grandi artisti della terra, cantanti del calibro di Lucio Dalla, Pino Daniele, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, Luciano Pavarotti, ma anche nomi meno noti come Rino Gaetano o poeti – sia del verbo che dello strumento – del calibro di Pier Paolo Pasolini, Chet Backer, sino a giungere alla ‘divinità’ di King Miles Davis, abbandonano il corpo per raggiungere l’Oltre, essi vadano a ritrovarsi tutti insieme laddove regnano incontrastati gli Angeli, i Serafini e i Cherubini.
Dove si addensano fitte e radiose le più belle stelle della galassia, lì sta seduto sul suo sgabello in attesa di pestare impetuosamente su tamburi, solleticando i piatti con magistrali colpi di spazzole, l’indimenticabile e indimenticato grande batterista Giulio Capiozzo di cui quest’anno si è celebrato il ventennale dalla sua prematura scomparsa con uno degli spettacoli più amati dai jazzofili più colti che ben conoscono il peso determinante fornito dagli “Area”, da lui capitanati, cui spetta l’onore di aver traghettato il pop e il rock nel jazz.
Sul palco, in un set che va definito travolgente, musicisti di prim’ordine con l’unico erede presente della portentosa band di fine anni settanta: il prestigioso Ares Tavolazzi, contrabbassista di pregio in uno con la star internazionale Flavio Boltro alla tromba, torinese di nascita ma, da diversi anni, parigino d’adozione. Vale la pena qui di rimarcare una delle sue più fortunate stagioni musicali, quella con l’incomparabile pianista Michel Petrucciani, in trio con Steve Gadd e il basso elettrico di Anthony Jackson. 
Voluto fortemente dal figlio di Capiozzo, Christian, per tutti “Chicco” come lo chiamava Giulio, validissimo batterista anch’egli (attualmente in tournee con Mario Biondi e Jimmy Owens ), patrocinato dal Ministero dei Beni Culturali, con il patrocinio del Comune di Cesenatico e dalla Regione Emilia Romagna, attraverso i relativi assessorati alla Cultura , questa serata è stata sponsorizzata dalla S.I.A.E.. 
E’ appena il caso di ricordare che solo le attuali rigide normative anti-Covid ed i  protocolli, hanno impedito un sold-out che comunque, di fatto c’è stato. L’anno passato la serata, nel piazzale dei Marinai, con sfondo sullo stupendo porto vecchio di Cesenatico, vide sul set il più grande percussionista del mondo, l’indiano Trilock Gurtu, magnetico, surreale, capace di far sollevare le numerose centinaia di turisti e appassionati, dalle sedie.
Qualcosa, per onor di firma, occorre dire sugli Area: correvano gli anni settanta definiti anni di piombo, e la voce di Demetrio Stratos rompeva la vena melanconica della canzonetta italiana; il contrabbasso di Ares Tavolazzi (che prese il posto del bassista Patrick Dijves, ex bassista di Dalla) e la sezione ritmica di Giulio Capiozzo, impressero la ‘svolta’ al mondo della musica di allora. 
Maglie, comune del centro Salento, importante cittadina da sempre dotata di grande fermento musicale, divenne una seconda casa per le band dirette da Capiozzo e innumerevoli furono le sue esibizioni di piazza e al famoso “Pub-underground” voluto, sostenuto e finanziato dal compianto Amico Antonio Culiersi, farmacista di professione ma musicista di vocazione.
Ugo Sbisà nel suo “Puglia, le età del jazz” dedica al Salento un intero capitolo dando lustro a una gran parte di artisti, locali e non, sino a descrivere, con le consumate qualità del critico musicale,0 le storiche nottate del “TamTam” di Tricase dove si succedettero sul palco personalità del calibro di Chet Backer, Paul Blay, il pianista Luca Flores che affermava: “Io amo quei musicisti che cantano, scrivono e suonano ogni nota come se fosse l’ultima”. La prestigiosa rivista ‘All Music Guide’ su di lui affermava:”Luca Flores è un genio del piano… come solista potrebbe collocarsi tra Thelonious Monk e Bill Evans.”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA