Neverland: «Il nostro viaggio magico sulle note dei Marillion»

Neverland: «Il nostro viaggio magico sulle note dei Marillion»
di Claudio Fabretti
9 Minuti di Lettura
Mercoledì 28 Luglio 2021, 17:30 - Ultimo aggiornamento: 21 Settembre, 14:31

Nella nuova puntata dei nostri incontri ravvicinati con le cover band, incontriamo Alessandro Carmassi, leader dei Neverland, specializzati nella musica dei Marillion... E scopriamo che le loro affinità elettive con la formazione inglese non sono poche...

Come vi siete conosciuti e come è nata l'idea di unirvi nel nome della musica dei Marillion?

Io e il batterista Enrico Rossetti nel 2005 eravamo già amici e compagni in una cover band rock chiamata “Secret Policeman’s” (il nome lo avevamo preso in prestito dai famosi Secret Policeman’s Balls tenuti in Uk negli anni 80 dove partecipavano tutti i musicisti più quotati dell’epoca, da Sting a Phil Collins, Kate Bush, David Gilmour, Dire Straits ecc…). Tra i pezzi scelti per la nostra set list un giorno proposi “Quartz” dei Marillion, uno dei miei brani preferiti dell’album “Anoraknophobia” del 2001. Nonostante la mia passione per i Marillion, non avevo mai provato a cimentarmi in un loro brano ma fu proprio durante quelle prove che Enrico notò che la mia voce si avvicinava molto a quella di Steve Hogarth. Quando nel 2006 ci trovammo a decidere come proseguire la nostra avventura musicale, Enrico appoggiò la mia proposta di diventare una tribute band dei Marillion. Reclutammo quindi i restanti membri che all’epoca erano Alessandro Pone (Tastiere) Gabriele Cipollini (Basso) e Giorgio Paoloni (Chitarra). La prima prova ufficiale dei Neverland ebbe luogo a Ostia Antica nel novembre del 2006. Tra i nomi che avevamo pensato di adottare ne ricordo uno in particolare “The Accidental Band” che piacque molto al manager dei Marillion con cui avevo già dei contatti all’epoca, ma la scelta ricadde su Neverland , sicuramente più diretto ed evocativo, e anche perché era il preferito di mia moglie (!). Oggi la band è formata da me (Alessandro Carmassi) alla voce, Enrico Rossetti alla batteria, Manuel Murgano alle tastiere, Ivan Nastasi alla chitarra e Gabriele Cipollini al basso.

Prima che cosa facevate nella vita? Ora vivete solo di musica o fate anche altro?

Vivere di solo musica sarebbe un sogno, ma in realtà noi non siamo musicisti a tempo pieno. Con la crisi del mercato musicale iniziata negli anni 90 con l’avvento di internet fino ad arrivare ai giorni nostri, dove la musica è ormai merce offerta “un tanto al bit” sui servizi di streaming, non è facile poter pensare di costruirsi una carriera artistica e pagare le bollette. Alternando quindi gli impegni di famiglia, lavoro ecc. siamo riusciti a ritagliarci il tempo necessario per scrivere e realizzare alcune cose interessanti. Una è strettamente legata al mondo Marillion e si chiama Swappers Eleven: una band/progetto internazionale che coinvolge 17 musicisti da 9 nazioni diverse. Tutti i componenti hanno partecipato allo Swap The Band con i Marillion e sono quindi dei fan doc. L’album di debutto “From A Distance” è uscito nel luglio 2020 in piena pandemia e nonostante il titolo possa richiamare il distanziamento forzato subito in quei giorni, il riferimento è puramente causale. Il sound si avvicina a quello dei Marillion ma solo in parte. Il master è stato curato da Jon Astley (Peter Gabriel, Tori Amos, The Who, Abba) in GB. Le recensioni sono state ottime sui vari siti specializzati, sicuramente consigliato a chi adora il prog e non solo (disponibile su tutte le piattaforme streaming e su Bandcamp). Al momento stiamo scrivendo il secondo album, che dovrebbe uscire ad inizio 2022.

Com'è nata in voi la passione per i Marillion?

Quando abbiamo cominciato ero l’unico vero fan dei Marillion del gruppo. Una passione nata nel 1990 quasi per caso: un amico mi prestò il live “The Thieving Magpie” perché sapeva che ero un fan dei Genesis invitandomi ad ascoltarlo. Acquistai successivamente i primi 4 album da studio e gli album solisti di Fish disinteressandomi inizialmente dei primi due album con il nuovo frontman Steve Hogarth. Nel 1992 usci una raccolta in video che acquistai e rimasi colpito dal video di “Uninvited Guest”: Hogarth aveva un carisma e una voce che mi catturarono seduta stante. Colmai il vuoto in attesa del nuovo lavoro che arrivò nel febbraio 1994: “Brave”. Un album fantastico, un concept, un capolavoro che mise il sigillo sulla mia devozione per questa fantastica band. Da lì in poi, non ho perso un’uscita e mi sono legato sempre di più al loro mondo. Oggi, dopo più di 30 anni, la passione è sempre viva, alimentata da quei piccoli capolavori che i Marillion ci regalano ogni volta che esce un nuovo album.

Che effetto vi ha fatto venire ufficialmente approvati da The Web Italy, con una sorta di bollino di qualità per sottolineare quanto siate vicini a proporre la musica e le emozioni della band inglese?

Con The Web Italy è nata prima di tutto un’amicizia. Vennero a vederci ad uno dei nostri primi concerti a Stazione Birra nel 2008 e rimasero colpiti dalla nostra energia e passione. Ci invitarono a suonare alla convention italiana che si teneva a Cervia l’anno successivo (2009), dove a nostra insaputa venne come ospite d’onore Pete Trewavas, bassista dei Marillion. In quell’occasione Pete suonò con noi scegliendo tra i brani proposti proprio “Quartz”. Negli anni è nata una vera amicizia soprattutto con Davide Costa (presidente del Fan Club) con il quale abbiamo condiviso tantissime esperienze Marilliche in Italia e anche all’estero.

Siete stati anche chiamati a partecipare a live dei Marillion? Che cosa avete provato?

Le nostre strade si sono incrociate parecchie volte ma sempre a livello individuale. La prima esperienza fu proprio quella di Cervia 2009, dove Pete salì sul palco con i Neverland. Successivamente nel 2011 partecipai al contest chiamato “Swap The Band” tenutosi durante il Marillion Weekend in Olanda a Port Zèlande. In pratica ogni due anni i Marillion organizzano una convention della durata di quattro giorni in varie location del pianeta. Quella principale si svolge in Olanda dove i Marillion prendono possesso di un Center Parcs Resort nella località di Ouddorp dove 4000 fan da tutto il mondo si riuniscono per vivere una esperienza magica e surreale assistendo a ben tre concerti esclusivi per tre serate di seguito, e partecipare a varie iniziative tra cui lo “Swap The Band”, durante il quale i Marillion selezionano 5 fan per ricoprire a turno i loro ruoli e dare la possibilità di salire sul palco per suonare un brano con i restanti elementi della band.

Nel 2011 quindi ho cantato “Quartz” con i Marillion ed è stato un successo clamoroso. La performance è stata ripresa e pubblicata su Blu-Ray ed è anche disponibile su YouTube. Ma non è finita qui : nel 2015 il nostro batterista Enrico Rossetti partecipò anche lui allo “Swap The Band” suonando “Power” al posto di Ian Mosley. Nel febbraio 2014 organizzai insieme a The Web Italy la prima data ufficiale della Steve Rothery Band a Roma e cantai “Easter” e “Afraid Of Sunlight”. Il concerto fu immortalato e pubblicato come “Live in Rome” in un cofanetto per la Inside Out con doppio cd+Dvd. Infine Enrico Rossetti, Gabriele Cipollini e Manuel Murgano fanno parte della band di Riccardo Romano (SRB/Ranestrane) e hanno accompagnato più volte Steve Rothery nei suoi live in Italia e in Europa suonando repertorio dei Marillion. Anche Ivan Nastasi è membro di una band romana di Prog Metal, i Kingcrow, che ha all’attivo parecchi album e tour all’estero. Per le emozioni provate non è possibile dare una descrizione scritta… diciamo che abbiamo toccato il cielo con entrambe le mani.

A quale line-up/stagione della band inglese vi sentite più affini? E a quale album vi sentite più legati, o almeno nel tuo caso specifico?

Quando abbiamo cominciato il repertorio era misto tra classici dell’era Fish e brani più attuali dell’era Hogarth. Nel tempo però ho sentito il bisogno di distaccarmi sempre più dal periodo Fishiano, sia per il diverso modo di cantare che per le liriche che sono in alcuni casi troppo distanti dalla mia anima artistica. Con Steve c’è sicuramente un filo invisibile che ci lega e riesco a vestirmi dei suoi testi come se fossero miei pensieri personali. Ho sempre ribadito che una tribute band deve innanzi tutto riuscire ad esprimere l’essenza delle emozioni attraverso la musica. Non penso sia importante fare attenzione alla singola nota o percussione presente sul brano originale, piuttosto ritengo che la band sul palco debba convincere il pubblico che quello a cui stanno assistendo è una reale rappresentazione della forza emotiva e dell’energia al pari di quello che avrebbero visto e sentito ad un concerto dei Marillion. Dovendo scegliere un album a cui mi sento più legato forse direi “Marbles”, perché nonostante sia un doppio della durata complessiva di quasi 100 minuti di musica, ogni tassello è perfettamente posizionato per un viaggio fluido da “Invisible Man” a “Neverland” senza skippare neanche una traccia. È anche il disco che mi ha convinto di voler mettere su una band tributo per poter divulgare il verbo Marillico a chi forse li aveva conosciuti con “Kayleigh” e lasciati dopo la defezione di Fish.

Perché il progressive rock dei Marillion è ancora così attuale e resiste alla prova del tempo, conquistando ancora tanti giovani?

I Marillion sono considerati da anni il “segreto meglio custodito dell’industria musicale”. Sono una band incredibile, che è riuscita nel tempo ad essere innovativa e al passo con i tempi, non solo musicalmente, ma anche nel modo di gestirsi. Hanno sfruttato per primi le potenzialità del web, del crowdfunding, e sono stati i primi a vendere un album prima ancora fosse stato scritto per pagare la produzione e poter essere liberi di esprimersi senza dover sottostare alle pressioni delle case discografiche. Negli ultimi dieci anni sono stati riconosciuti anche dal grande pubblico, passando dai live nei club da 1000 persone agli Auditorium e alla Royal Albert Hall con quasi 6000 posti a sedere. Sempre tutto esaurito in tempi da record. Sono uno dei gruppi storici rimasti in attività che ancora riesce a immettere idee fresche e a esprimersi sul palco con la stessa energia che avevano quando hanno cominciato. 8. State lavorando su nuovi progetti live da realizzare, compatibilmente con le restanti limitazioni per il Covid? Il Covid purtroppo ha fermato un po' tutto a livello artistico. Con la chiusura dei locali e il problema del distanziamento abbiamo dovuto fermare il nostro percorso e ci siamo presi una piccola pausa. Durante il lockdown del 2020 avevamo cominciato a proporre alcuni video registrati a distanza sul nostro canale YouTube, ma una band non può stare separata a lungo, soprattutto per mettere in piedi un repertorio come quello dei Marillion c’è bisogno di sentire l’affiatamento e l’energia che si producono solamente quando noi cinque siamo tutti insieme in una stessa stanza (o palco naturalmente). Avevamo deciso di svecchiare un po' la nostra setlist rispetto alle ultime performance dove avevamo proposto l’intero album “F.E.A.R.”, con tanto di filmati proiettati sul palco (tutti autoprodotti). Lo abbiamo portato in giro per circa due anni, ma alla fine emotivamente ero esausto perché “F.E.A.R.” è un album profondo e drammatico, per niente leggero, e da cantante lo sentivo troppo a livello personale. Sicuramente per i prossimi concerti torneremo a proporre qualche brano più spinto attingendo dai primi album con Steve, anche se in autunno uscirà il nuovo album, per cui vedremo se il nuovo materiale entrerà di diritto nella nuova setlist.

Parliamo, infine, della stessa canzone “Neverland”, che incidentalmente è anche una delle mie preferite dei Marillion…

“Neverland” è un brano epico, degna conclusione del lungo viaggio di “Marbles”. Inizia con un sussurro e finisce con un urlo, un crescendo di emozioni che parte con la descrizione del potere incontrastato dell’amore. Quell’amore che ci viene dato e ci fa andare avanti nella vita e che ci dà sicurezza, amore incondizionato, con la consapevolezza di essere imperfetti, di voler chiedere scusa per non essere sempre come vorremmo vederci dal di fuori. E nel finale l’argomento è la via di fuga, la possibilità di poter andare verso qualcosa di diverso nel caso venisse a mancare quell’amore (Se sei con me lo posso sopportare, ma se tu vai via non arriverò mai all’Isola che non c’è). Il tutto condito da uno dei più begli assoli di Steve Rothery e un’atmosfera che cattura sempre. Non per niente è considerato uno dei brani più belli in assoluto dei Marillion.

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