I Modà tornano con un nuovo Ep: «Ma non andremo di nuovo a Sanremo, è un tritacarne»

I Modà tornano con "Buona Fortuna - Parte prima": «Ma non andremo a Sanremo, è un tritacarne»
I Modà tornano con "Buona Fortuna - Parte prima": «Ma non andremo a Sanremo, è un tritacarne»
di Mattia Marzi
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Martedì 9 Novembre 2021, 20:20

Un Disco di diamante, quello che conquistarono nel 2011 con l’album “Viva i romantici”: dentro c’erano hit tra rock melodico e ballate come “Sono già solo”, “Tappeto di fragole”, “Arriverà” e “La notte”, che fecero subito del loro stile il modello di riferimento del pop italiano dei primi Anni Duemiladieci. Dieci tra Dischi d’oro e di platino per i successivi “Gioia”, “Passione maledetta” e “Testa o croce”. 15 singoli certificati platino e 6 certificati oro. Un lungo elenco di palazzetti e stadi sold out in tutta Italia. Forse ci si è dimenticatati troppo in fretta dei traguardi raggiunti dai Modà negli ultimi dieci anni: “Il momento della storia della discografia che stiamo attraversando è strano. Si passa dai Dischi di diamante al nulla in un attimo”, riflette dall’altra parte del telefono Francesco Silvestre, per gli amici Kekko, il 43enne frontman della band milanese, che venerdì 12 novembre pubblica l’Ep “Buona fortuna – Parte prima”.

In cinque anni è cambiato tutto: con lo streaming che premia solo gli idoli dei giovanissimi c’è stato un ricambio generazionale epocale nel pop italiano. E gli over 40? “Noi continuiamo a fare la nostra parte, senza pensare alle classifiche: contano relativamente, per quelli della nostra generazione”.

È cambiato anche il modo di pubblicare dischi? “Già. Non ha più senso pubblicare album con dentro 10-15 canzoni, promossi con tre singoli: i dischi non hanno più una vita così lunga. Noi, infatti, stavolta abbiamo deciso di puntare su un album più compatto, contenente sei pezzi appena”.

Nel singolo “Comincia lo show” c’è un cameo di Carlo Conti: di chi è stata l’idea di coinvolgerlo? “Mia. Carlo è un caro amico. Gli abbiamo fatto fare lo speaker: ‘Signore e signori, buonasera, sono venuti a trovarci i Modà’, dice”.

Si parla di tuttologi che discutono in tv, dottori e maschere: svolta impegnata? “Facciamo musica pop, musica capace di attraversare tutte le generazioni, arrivare a molti ed è per questo che cerchiamo nei testi anche di trasmettere, dove possibile, messaggi sociali. Oggi sono tutti virologi, tutti medici, tutti allenatori di calcio: è la sagra del tuttologo. Il web è una discarica a cielo aperto. Si vive un bullismo mediatico ormai fuori controllo. Chiunque può seminare cattiveria gratuita e noi lo cantiamo”.

Altri momenti salienti del disco? "In 'Buona fortuna buona vita buona luna' parlo di me attraverso le fragilità di una sorta di controparte femminile.

E in 'Scusa se non lo ricordo più' si parla di Alzheimer: ad ispirarmi è stata un'intervista a Lino Banfi nella quale raccontava della malattia della moglie. Mi ha toccato molto". “Prima parte”, si legge nel titolo del disco: significa che ce ne sarà un’altra? “Sì, come minimo. Nel senso che potrebbero poi arrivare altri capitoli. L’idea è quella di far uscire un po’ di pezzi alla volta”.

E magari uno di questi lo presenterete in gara al Festival di Sanremo, a febbraio. “No, per carità. Non sono pronto a ritornare in quel tritacarne. Abbiamo già dato, nel 2011 con ‘Arriverà (arrivarono secondi, in coppia con Emma, ndr) e nel 2013 con ‘Se si potesse non morire’. Il Festival porta via energie fisiche e mentali. Il 2022 sarà all’insegna dei concerti: il 2 maggio dal Forum di Assago riprenderemo il tour nei principali palazzetti sospeso due anni fa a causa della pandemia. Non siamo mai stati fermi per così tanto tempo. Va detta una cosa”.

Prego. “Oggi questi ragazzini che trionfano nello streaming e ci fanno sentire vecchi, poi non riempiono neppure un club”. Non sia polemico. “Non lo sono, ma è un dato di fatto: quando noi vincevamo i Dischi di platino, riempivamo anche i palasport. Adesso i numeri conquistati nello streaming non sempre corrispondono al numero di biglietti venduti”.

Però ci sono anche eccezioni: il tour dei Maneskin nei palasport in programma la prossima primavera è già tutto sold out e hanno già venduto oltre 30 mila biglietti per il concerto al Circo Massimo. Negli Usa è stato un trionfo. Promossi? “A pieni voti. Sono il riscatto dell’Italia intera a livello mondiale. E nello specifico anche del rock italiano, che nonostante la tradizione non è mai stato preso sul serio all’estero. È bello vedere il seguito che hanno tra i loro coetanei: sono un fenomeno incoraggiante”.

Cos’hanno in più rispetto ai Modà, ai Kolors, per citare due band italiane emerse negli ultimi anni? “Un’identità molto più precisa. Noi non siamo propriamente una rock band: siamo più pop che altro. Forse un gruppo che il nostro può avere più possibilità in America Latina, rispetto agli States. I Maneskin sono freschi, cool, provocatori. E poi sanno giocare bene con l’immagine. Meritano il meglio”.

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