Chiara Noschese si confessa: «La regina dei musical sono io»

La regista Chiara Noschese
La regista Chiara Noschese
di Ferruccio Gattuso
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Lunedì 3 Settembre 2018, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10:16
Il musical e Milano continuano a darsi la mano e la cosa, a sentire Chiara Noschese, è buona e giusta. «Artisti e pubblico – dice – marciano nella stessa direzione. Cercano la qualità». La figlia del leggendario imitatore e personaggio tv Alighiero da molti anni ha legato il proprio nome a progetti in musical di qualità, diventando firma stabile del Teatro Nazionale e della casa di produzione Stage Entertainment. Nella prossima stagione la regista milanese («per nascita e motivi di lavoro, ma per metà anche romana, perché nella capitale ho la residenza») è attesa da tre impegni principali. Che racconta ai lettori di “Leggo”.

Due teatri, tre missioni: ce le spiega?
«Presto detto: a fine ottobre porto in scena al Teatro della Luna la versione da tournée di “Flashdance”, un numero zero leggermente variato dallo show portato in scena per tre mesi al Nazionale. Il cast resta lo stesso. Dal 9 marzo al 18 aprile firmo la regia di “A Chorus Line”, in scena al Teatro Nazionale. Infine, da settembre al Nazionale aprono i corsi del Mam, la Musical Academy di Milano».

Si tratta di una nuova scuola di musical in città?
«Esattamente. Stiamo finendo di formare la squadra degli insegnanti. Io insegnerò recitazione. Da qui usciranno giovani preparati nella cosiddetta tripla minaccia: recitazione, canto e danza. I migliori studenti approderanno agli spettacoli in scena al Nazionale. Sul sito ufficiale del teatro ci sono tutte le informazioni per iscriversi. Si parte l’8 settembre».

Regista donna di musical: per lei è stata una gavetta dura?
«Dura per l’impegno, sì.
Ma Milano è sempre stata città aperta verso chi ha voglia di fare. In otto anni sono passata da direttrice del cast ad aiuto regista a regista». Cosa manca al definitivo trionfo del musical in Italia? «Un prodotto tutto italiano. Ci stiamo lavorando, per la stagione 2019-2020. Ma non posso dire di più».
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