Massimo Ranieri compie 70 anni: «Nessun rimpianto, mi sono divertito troppo a fare l'artista»

Massimo Ranieri: 70 anni tra musica, cinema, teatro e tivù. «Nessun rimpianto, mi sono divertito troppo a fare l'artista»
Massimo Ranieri: 70 anni tra musica, cinema, teatro e tivù. «Nessun rimpianto, mi sono divertito troppo a fare l'artista»
di Totò Rizzo
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Lunedì 3 Maggio 2021, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 10:49

«Io credo che lassù qualcuno aveva scritto già…», cantava Massimo Ranieri in "Vent’anni", vincendo Canzonissima, 50 anni fa. Oggi sono 70 le candeline sulla torta e se “qualcuno” aveva già tracciato il destino di Gianni Calone, napoletano del Pallonetto di Santa Lucia, lui di suo ce ne ha messo parecchio: talento, volontà, grinta, studio, entusiasmo. Musica leggera, teatro, cinema, televisione affrontati con il gusto della sfida, della scommessa, del rischio.

Uno che decide di lasciare una carriera da idolo del pop ancora giovanissimo per buttarsi tra le braccia di grandi registi (da Bolognini a Patroni Griffi, a Strehler) la dice tutta sulla voglia di mettersi in gioco; uno che dopo tanto palcoscenico e set ritorna alla canzone, alla roulette dei festival, ai concerti (“le serate” le chiama ancora lui, come negli anni ’60) è uno che si diverte a mettersi di continuo alla prova. 


Faticare, sempre e comunque. Glielo hanno insegnato suo padre che alle 5 è già di turno all’Italsider per sfamare 8 figli e sua madre («piccerè, ricordati che ci si guadagna da vivere ogni giorno»). Dall’aria sbarazzina di Gianni Rock, sì, proprio il ragazzino che porta i caffè ai tavoli del bar, che fa da apripista a New York a Sergio Bruni, ai primi Sanremo, ("Da bambino", "Quando l’amore diventa poesia") fino a quel “lato B” che per caso viene scelto per il Cantagiro: "Rose rosse", si intitola, e da lì nasce il successo popolare. Ci saranno Canzonissima, la rivalità con Morandi, milioni di dischi venduti ma, d’un tratto, la voglia di nuovo, il teatro, da Spoleto al Piccolo di Milano, dal trapezio di Barnum al Rinaldo di Garinei e Giovannini.


E dopo anni di prosa e musical, altro giro altra corsa: di nuovo in gara a Sanremo ("Perdere l’amore") e il gusto di arrampicarsi sulle note, recital dopo recital, la sua Napoli rivisitata in chiave multietnica, alternando magari con Shakespeare, Cechov o con un varietà tv o una fitcion. Bilancio di questi primi 70: nessun rimorso (ha riconosciuto tardi Cristiana ma adesso sono padre e figlia come tanti) e nessun rimpianto perché «mi sono divertito troppo a fare l’artista». 

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