Marco Conidi, frontman de L'Orchestraccia: «Abbiamo ribattezzato il concerto la presa della Cavea»

PER DOMANI - Marco Conidi, frontman de L'Orchestraccia: «Abbiamo ribattezzato il concerto la presa della Cavea»
PER DOMANI - Marco Conidi, frontman de L'Orchestraccia: «Abbiamo ribattezzato il concerto la presa della Cavea»
di Ida Di Grazia
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Martedì 14 Luglio 2020, 07:45 - Ultimo aggiornamento: 08:45
Marco Conidi, frontman de L'Orchestraccia: «Abbiamo ribattezzato il concerto la presa della Cavea». L’Orchestraccia “occupa” la Cavea dell’ Auditorium Parco della Musica e questa sera torna a suonare per “Auditorium Reloaded". Il gruppo itinerante delirante folk-rock romano è unico nel suo genere, formato da attori e cantanti e musicisti che hanno messo insieme le loro esperienze reciproche.



Marco Conidi (che nella band è cantante, frontman nonché fondatore ndr) tornare a suonare dopo il lockdown vi dà un’emozione diversa?
«L’abbiamo ribattezzata La presa della Cavea visto che oggi è il 14 luglio. Sarà una sensazione molto molto particolare sperando di non doverla ripetere ancora per le condizioni, però la musica non serve avvicinare le persone che in questi periodi sono stati stare costrette a delle silenziose solitudini. La musica sarà una grande occasione per poterci avvicinare proprio una parte più bella di noi, intima, anche con i distanziamenti messi in atto con i protocolli Covid, riusciremo ad avere una vicinanza di anime. Faremo il doppio per scaldare la vicinanza fisica che dovremo avere».

Voi avete una formazione piuttosto importante, undici elementi, come vi posizionerete sul palco?
«Ci sono dei protocolli anche per stare sul palco, per esempio non tutti sanno che la tromba ha bisogno di una distanza maggiore del consueto metro, metro e mezzo, che applichiamo noi. Noi abbiamo già delle distanze formate dalla posizione sul palcoscenico e dagli altri strumenti; gli stessi monitor creano delle separazioni. La tromba (Alessio Guzzon ndr) adesso prenderà una nuova posizione dovrà avere addirittura tre metri, quindi suonerà da casa… sul terrazzo ( ride)».

Il vostro è un gruppo unico nel panorama italiano
«Sì, diciamo che è un’esperienza un po’ unica, questo teatro canzone dove si toccano tutte le corde, riusciamo a far riflettere, a far ballare cantare, ci si emoziona e ci si commuove. Veniamo dal passaparola e quindi è la gente il nostro sponsor più grande».



Lei è il fondatore del gruppo, com’è nata l’idea di unire musica e teatro?
«E’ nata da un gruppo di amici che giocavano a calcetto insieme e che aveva voglia di recuperare la tradizione folk romana, perché Roma è una città che è un punto di partenza per tante cose e volevamo riprenderle però riattualizzandole. Infatti abbiamo un pubblico molto trasversale. Tra di noi c’era chi faceva il cantante, chi l’attore, chi il tecnico, abbiamo deciso quindi di unire le nostre forze in uno spettacolo piuttosto unico innovativo. Uniamo ad esempio Sciascia con Trilussa per dimostrare che sulle ingiustizie con tempi diversi, luoghi diversi, i grandi poeti dicevano le stesse cose. In fondo l'Italia è troppo corta per vederla divisa»
 
A proposito di Trilussa, le sue poesie sono incredibilmente attuali
«Sì, sembrano scritte oggi, ad esempio “le cose come stanno” sembra veramente lo specchio triste del Parlamento italiano in questo momento. Questo dimostra che certi vizi non sono mai cambiati.  Sono testi che fanno parte della memoria ancestrale delle nostre famiglie: le canzoni cantate da nonna, le poesie lette da papà la mattina quando stavamo a letto, sono state un background fondamentale per innamorarsi e poi sono di una modernità incredibile a cui abbiamo aggiunto il nostro suono un po’ patchanka ribelle».
 
Novità e new entry nel gruppo il giovanissimo attore Guglielmo Poggi, come ha fatto?
«E’ una storia vera, io andavo ai loro concerti, li seguivo da anni poi grazie anche alla mia amicizia prima con Luca Angeletti poi con Marco siamo diventati tutti amici e ho fatto un po' lo stalker per due anni. Un giorno mi hanno chiesto di salire sul palco a dire una cosa, un’altra a cantare un pezzo e poi ci sono stati dei rimasti e ci sono rimasto. Essere un membro ufficiale è un grande onore per me».



Da fan qual è il pezzo imperdibile e cosa le piace dell’Orchestraccia?
«Vabbè ovviamente Lella, chiunque conosce la versione dell'orchestraccia, è un brano e irrinunciabile. Poi è uno spettacolo anche per i “non romani” e chi verrà a vederci se ne accorgerà ci sono tante sorprese e tanti dialetti. È una rivisitazione del teatro-canzone in chiave rock qui si incontra con la tradizione romana si passa da un genere un altro, da un parlato un cantato anche nello stesso brano. Ci si emoziona, lavorare con loro è veramente una fortuna».
 

Altro membro storico del gruppo è l’attore Luca Angeletti, questo debutto domani dopo il lockdown come lo vivete?
 

«Con grande energia e grande carica, viviamo per fare le cose con la gente, ci viene restituito il nostro spazio, finalmente, e ce lo prendiamo in punta dei piedi da una parte e con grande slancio dall'altra.  Speriamo che la gente risponda bene perché è molto intimorita da questo tipo di situazione, penso che qualcosa di ironico verrà comunque fuori. Sarà un po' una scoperta insieme agli altri anche se poi quando parte la musica, quando parte l'energia parte tutto. Ritrovarci dopo tanto tempo è divertente»
 
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