Gabriele, il cantante siciliano che ha sfondato in Francia e ora ci prova in Italia

Gabriele, il cantante siciliano che ha sfondato in Francia e ora ci prova in Italia
di Totò Rizzo
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Giovedì 21 Ottobre 2021, 18:02

Riuscirà a conquistare il successo sul suolo natìo Gabriele Miraglia, in arte Gabriele, nato a Partinico, paesone del Palermitano, professione cantante, ben conosciuto in Francia ma poco in Italia, dove musicalmente sbarca adesso, a 38 anni, con un singolo che le radio hanno accolto molto bene, «Una vita in più» (la versione originale, «Donnez-moi une vie en plus», è già un successo Oltralpe dove l’ep dell’artista è andato a ruba, con l’amore declinato in varie forme lungo sette brani)? Lui la racconta come la classica storia del ragazzo del Sud che fa i bagagli e parte cercando anzitutto lavoro.

«C’era comunque una forte propensione per l’esibizione: per niente timido, fin dalle canzoncine delle elementari, reclamavo sempre un pubblico di parenti, vicini di casa ed amici, mio padre mi mise in mano la prima chitarra e mi insegnò a suonarla». Ma da lì alla sala d’incisione il passo non è breve: c’è la gavetta dell’animazione nei villaggi turistici, una lunga esperienza che un giorno approda ad un provino per EuroDisney. Scritturato, subito. «Doveva durare tre mesi, è durata tredici anni». Tredici anni di lavoro ma anche di formazione. Per le parate ha dovuto andare a scuola di jonglerie (palline, clave, cerchi, bolas). Poi a quella di marionettista, contestuale a quella di recitazione. Poi a quella di ballo e si è specializzato in danza caraibica appassionandosi talmente a quei ritmi da diventarne, poi, maestro. Ma la musica era sempre un’urgenza. «Ho fatto per anni il corista ma l’esigenza era quella di venir fuori, di cantare da solista». Finché due autori-produttori – Jacqueline Taieb e Jean-Claude Dequeant – adocchiano quel talento e buttano giù «Donnez-moi une vie en plus» che diventa l’apripista dell’ep e comincia a circolare nelle radio francesi, nonostante diffondano nell’etere per l’80% artisti nazionali e per il restante 20% musica angloamericana (l’Italia in gran parte è limitata alla “Santissima Trinità” Tozzi-Ramazzotti-Pausini). Adesso Gabriele tenta l’avventura nel suo Paese. «Si capisce che la cadenza è francese, ho preso il “vizio” di accentare le finali ma, quando canto nella mia lingua, ho l’impressione che la voce si accenda di un colore più forte».

In Francia hanno fatto raffronti con Mike Brant che era un idolo, da loro, negli anni ’70, qualcuno ha azzardato perfino l’accostamento con l’Aznavour meno nostalgico: «Sono riferimenti che mi imbarazzano e mi lusingano allo stesso tempo ma vorrei essere soprattutto me stesso, il risultato delle esperienze fatte fin qui». «Una vita in più» e gli altri brani dell’ep (7 compresi 2 remix per le radio) lo vestono come un abito di sartoria: «Musicalmente sono un mix di pop e blues con qualche accenno d’elettronica. I testi parlano d’amore: storie impossibili, colpi di fulmine, anche del sentimento di un figlio per la madre, canzone che ovviamente ho dedicato alla mia, di mamma. Ma il messaggio che vorrei venisse fuori è che bisogna sempre sperare, credere in se stessi, guardare avanti, non c’è limite d’età per qualsiasi desiderio, sogno, utopia. E soprattutto che la felicità, parola impegnativa, la dobbiamo cercare nel presente, giorno per giorno». Che si aspetta Gabriele dall’Italia? «Mi piacerebbe farmi conoscere oltre che in radio anche con degli spettacoli dove vorrei portare, insieme con il canto, il bagaglio di tutto quello che ho fatto. Certo, non aspiro a Sanremo, per quello ci vuole una certa popolarità e poi non mi piacciono le gare, i concorsi, i talent: ognuno vale per quel che è, non perché sia migliore di un altro, sono meccanismi spesso spietati che possono nuocere a chi è più fragile psicologicamente». Che vorrebbe se avesse, come canta, «Una vita in più», lui che a 38 anni pare già averne vissute mille? «Imparare meglio il pianoforte, coltivare il disegno, la pittura, accostarmi alla ginnastica artistica. Sono un eterno curioso, lo so». E nel privato? «Solo una vacanza in Sicilia, in famiglia, la cui lontananza è il rovescio della medaglia: perché comunque lo so che, con i miei genitori e i miei quattro fratelli (tutti maschi, ndr.) ogni sera, a Partinico, si finirebbe per imbracciare la chitarra e mettersi tutti a cantare, come quando eravamo ragazzi».

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